#Berlinale 2016 – A Serious Game/Den Allvarsamma Leken, di Pernilla August

Una storia d’amore impossibile, che non tocca e non smuove. Riproposizione di un classico della letteratura svedese, a cui mancano calore e identità. In Berlinale Special

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Terzo adattamento cinematografico dal libro del 1912 dell’autore svedese Hjalmar Söderberg, A Serious Game è diretto dall’ attrice Pernilla August, alla sua seconda regia dopo Beyond.

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Arvid (Sverrir Gudnason) e Lydia (Karin Franz Korlof) si incontrano e si innamorano all’istante, ma per ragioni economiche sposarsi risulta impossibile. Entrambi si legano ad altre persone, finchè anni dopo il loro cammino torna a incrociarsi ed esplode la passione. Questo l’incipit del film della August, che fin dalle prime scene ci ricorda quanto sia difficile adattare al cinema un classico della letteratura senza svuotarlo di ogni linfa vitale. Se la scrittura di Söderberg è stata paragonata a quella di Dostoevskij, per la “suspance psicologica” che riusciva a creare, tutto si appiattisce nella sua trasposizione. Ciò che rimane è un melò sugli amori impossibili, che segue diligentemente tutti i topos del genere: i matrimoni di convenienza, la passione repressa ed infine vissuta, il ruolo subordinato della donna, prima figlia devota di un padre alcolista, poi moglie infelice di un uomo ricco e arido, che una volta liberatesi del matrimonio, passa dall’essere vista come donna virtuosa a divenire donna dalla dubbia morale agli occhi del suo stesso amante.

a serious gameManca una costruzione cinematografica coraggiosa, che apporti una cornice al racconto o lo attualizzi o ricontestualizzi. La sfida è grande, ossia rimettere mano ad un classico della letteratura già visto al cinema in due precedenti film, ma la August la affronta senza azzardarsi neanche un attimo ad apporre una firma autoriale al racconto, forse per timore reverenziale. Rimangono dei vaghi echi delle trasposizioni dei romanzi russi, da Anna Karenina a Il Dottor Zivago, ma A Serius Game ne risulta una copia sbiadita. La luce algida del sole del nord si posa su tutto, rendendo il film anemico, incolore, mentre la colonna sonora si impone prepotentemente in ogni scena, non concedendo allo spettatore la possibilità di perdersi neanche un attimo nella visione. Non arriva l’urgenza di narrare una storia che dovrebbe essere universale, e che al contrario risulta datata e di maniera, per lo svuotamento apportato alla psicologia dei personaggi. La fuga nella felicità effimera dell’idillio amoroso non tange minimamente, perchè fin dall’inizio non arriva la forza di tale legame.

 

 

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