BERLINALE 63 – “Top of the lake”, di Jane Campion (Berlinale Special)


Jane Campion scrive e realizza questa miniserie neozelandese per la BBC in sette episodi come vero coacervo del meglio del proprio cinema passato: ne viene fuori una sorta di atmosfera che ricorda da vicino Holy Smoke, attraversata da quella potente tensione uterina che animava gli istanti maggiormente riusciti di In the cut. Top of the lake mantiene questo andamento mistico, raccontando di un mistero inspiegabile quanto ancestrale, primitivo, spirituale

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La televisione, com'è noto, è un mezzo di sintesi: molto spesso, gli autori cinematografici che ci si cimentano è come se finissero puntualmente per racchiudere, consapevolmente o meno, nel quadro del piccolo schermo tematiche, ossessioni e punti ritornanti della propria poetica di sempre. Jane Campion scrive e realizza questa miniserie neozelandese per la BBC in sette episodi come vero coacervo del meglio del proprio cinema passato: ne viene fuori una sorta di atmosfera che ricorda da vicino Holy Smoke, attraversata da quella potente tensione uterina che animava gli istanti maggiormente riusciti di In the cut.
Come un vero e proprio alter ego della regista, Holly Hunter con una lunga capigliatura canuta gestisce una sorta di comune per donne che tentano di venire fuori da situazioni sentimentali problematiche e difficili, accampate tutto intorno a un lago: la cosa non viene vista di buon occhio da chi da sempre veglia su quei campi – il terribile Tsui (Peter Mullan di una cattiveria spaventosa, irresistibile) e la sua altrettanto tremenda famiglia. Peccato che proprio la più piccola delle figlie, di nove anni, sia misteriosamente incinta da cinque mesi, e si sia rifugiata scappando dal padre proprio tra le presenze femminili che abitano le rive del lago. Sul caso della bambina incinta indaga il detective Robin Griffin (Elisabeth Moss).

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Quasi fosse una risposta australiana ai Texas Killing Fields di Ami Canaan Mann, la Campion pone un'attenzione fantastica al paesaggio, sorta di natura fertile violentata dall'uomo, e dunque inquadra la faglia del lago davvero come una specie di apertura rigogliosa ma allo stesso tempo come una ferita, quasi da rimarginare: tutto intorno a questa sorgente acquatica si muovono i personaggi come anfibi che si spostano lentamente nel loro tragitto che li ricongiungerà con il liquido a cui appartengono, in un modo o nell'altro. E' chiara dunque la metafora dell'innocente creatura gravida suo malgrado, che confessa di essere stata messa incinta da “nessuno”, quando il padre dichiara convinto “nessuno la ama più di me”.
Top of the lake mantiene questo andamento mistico in qualche modo cullato dalle onde in cui si immerge in trance sin dall'incipit, raccontando di un mistero inspiegabile quanto ancestrale, primitivo quanto presente, terreno quanto allo stesso modo prepotentemente spirituale.

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