Birdman (o le imprevedibili virtù dell’ignoranza), di Alejandro Gonzàlez Iñàrritu

Il volo del regista messicano, come al solito, è di smisurata ambizione. Ma il suo cinema frana a terra con le ossa rotte. Nella sua evidente presunzione autoriale, c'è forse il desiderio nascosto di realizzare un blockbuster d'azione. Dove New York però è chiusa da uno sguardo sempre soffocante e soffocato. Con il rimpianto di aver gettato al vento un cast notevole.

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michael keaton ed edward norton in birdmanIl volo, come al solito, è di smisurata ambizione. Segnato e segmentato da un continuo piano-sequenza dove il cineasta messicano sovrasta e s’impone rispetto a quello che sta inquadrando.

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E dopo aver oscurato Barcellona in Biutiful, chiude New York tra le quinte di un teatro, una folle corsa in mutande a Times Square, la spazzatura nelle uscite di sicurezza degli esterni e le verticalità di Manhattan.
Forse in Birdman il risultato può apparire meno detestabile del solito, se non altro per la prova maiuscola di un cast dove Michael Keaton ed Emma Stone soprattutto, ma anche Edward Norton, Zach Galifianakis e Naomi Watts sembrano quasi iniziare una sfida con lui. Quasi a smantellare il suo metodo. Come se nella ripetizione della scena del motel nella rappresentazione di What We Talk About When We Talk About Love (tratto dalle storie brevi di Raymond Carver), potesse cambiare all’improvviso qualcosa. Ma l’imprevisto è soltanto nella sceneggiatura e non nel metodo di Iñàrritu che riesce nella non esaltante impresa di attenuare le luci della fotografia di Emmanuel Lubezki.

Riggan Thomson un tempo era un attore popolare soprattutto per aver interpretato il ruolo del supereroe Birdman. Sta così cercando di tornare in auge con una pièce teatrale a Broadway da lui scritta, diretta e interpretata. E per avere delle critiche positive, cerca di utilizzare qualsiasi mezzo, togliendosi anche di torno con un ‘finto incidente’ un attore che non reputa all’altezza. Ma, al tempo stesso, deve fare i conti con il proprio narcisismo, i tentativi per rilanciare la sua carriera e ricucire il rapporto con la figlia.

emma stone in birdmanVoleva o poteva essere il suo Eva contro Eva.
Dove il potenziale rivale (Edward Norton) si trasforma nel suo doppio. Birdman appunto. Diventa la sua voce, la sua ombra. Ma questa doppia identità è mortificata proprio nel modo in cui il cineasta la mostra, proprio perché i suoi incessanti movimenti di macchina devono inglobare tutto. Non fermandosi davanti a niente e a nessuno. E questo è evidente, per esempio, nella scena in cui Riggan è davanti allo specchio mentre Birdman è seduto sulla tazza del water e scarica lo sciacquone.

Birdman sembra fermarsi all’inizio degli anni ’90. E precisamente, tra il ’92 e il ’93. E Iñàrritu perde l’occasione di fare sul corpo di Michael Keaton quello che invece Darren Aronofsky aveva fatto con Mickey Rourke in The Wrestler
.
Tra personaggio, dolore e autobiografia, Riggan/Birdman poteva essere come Bruce Wayne/Batman negli straordinari due film (soprattutto il secondo) realizzati da Tim Burton. Ma il cineasta messicano scambia la complicità per un’atroce sfida all’ultimo sangue. Dove per fare tornare alla ribalta il supereroe perduto (con tanto di poster rotto di Birdman 3) vuole spostarsi quasi dalle parti di Altman. La rappresentazione del mondo del cinema/spettacolo/teatro come la rappresentazione del piano-sequenza di I protagonisti. L’ombra di Carver come in America oggi. E se Altman non è un cineasta che ci ha sempre scaldato il cuore, ci sentiamo di difenderlo contro questa intrusività.

Forse, dietro una presunzione autoriale evidente, c’è in Birdman il desiderio nascostro di Iñàrritu di realizzare un blockbuster d’azione. Però se le scene d’azione sono come i voli del protagonista, è meglio lasciar perdere.

Il volo, come al solito, è di smisurata ambizione. Ma anche stavolta il cinema del regista messicano frana a terra con le ossa rotte.

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