Blog DIGIMON(DI) – Il paese del silenzio e dell’oscurità…

Questa foto, pubblicata il 19 dicembre scorso dalla rivista New Scientist e proveniente da un satellite, sembra raccontare da sola, senza bisogno quasi di commenti, il “regno dell’oscurità” di Kim Jong II, il dittatore della Corea del Nord, scomparso nelle scorse settimane.

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Non serve più  andare ad analizzare il PIL o l’ISU (indice di sviluppo umano), per capire, con gli occhi, la differenza lampante tra le due nazioni artificiosamente create dalla divisione tra Stati Uniti e Unione Sovietica alla fine della Seconda Guerra Mondiale.  Per una volta, quasi senza possibilità di errore, il simbolico prevale sul dato concreto, economico, sociale, politico. Da una parte abbiamo il buio, dall’altra la luce. Ed ecco che la Corea del Nord diventa, “The  Black Hole”, secondo quella definizione data dal giornalista Tom Zeller in un articolo sul New York Times del 2006.

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Da una parte abbiamo la nazione che ha la bomba atomica (il nono stato al mondo) e che dal 2004 ha proibito i telefoni cellulari, dall’altra abbiamo uno degli stati con il maggior indice di sviluppo economico al mondo, che ha investito nella tecnologia (la Samsung è un colosso multinazionale con base in Corea del Sud, e ha venduto qualcosa come 400 milioni di Smartphone nel 2011…) e che ha già programmato di abolire nelle scuole i libri di testo cartacei per sostituirli con tablet o e-reader entro il 2015.

Insomma, la diversità nei livelli di illuminazione diventa una indicazione delle differenze nello sviluppo economico delle nazioni. E, quel che colpisce ancor di più, è che dal 2006 ad oggi la Corea del Sud ha ulteriormente aumentato la sua “densità di luce”, mentre la Corea del Nord continua ad essere ancora il “paese del silenzio e dell’oscurità”.

Dal simbolico al reale, oggi la fotografia può diventare paradigmatica, rappresentare gli scenari del mondo con un clic. Soprattutto quando le differenze sono così palesemente visibili all’occhio.

Forse l’illuminazione delle strade e delle città non sarà sempre un sinonimo di civiltà e benessere, e già ci sono molti tentativi di ridurre l’inquinamento visivo delle grandi metropoli e progetti per illuminarle in maniera meno invasiva, dandoci la “sicurezza” delle strade illuminate di notte ma anche la possibilità  di vedere “il cielo stellato sopra di noi”. Ma la rappresentazione visiva di una nazione per altri versi, linguistici, geografici, così omogenea (anche se al Nord vivono 22 milioni di persone contro gli oltre 48 milioni del Sud), sembra, di colpo, riportarci al tempo in cui il termine “fotografa” era la definizione di una rappresentazione del reale nitida e obiettiva. L’occhio del satellite, forse, non mente.

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