Blog DIGIMON(DI) – Johan Cruijff, la Fonte Meravigliosa

Il 15 giugno del 1974 tutti gli appassionati di calcio del mondo assistettero, come d’incanto, a una sorta di “prima volta”, un qualcosa che non si era mai – almeno in quelle forme, con quella determinazione, e con quella visibilità globale televisiva – mai visto prima: la nascita del cosiddetto “calcio totale”. Era la prima partita della nazionale olandese, contro una delle squadre storicamente più ostiche da incontrare, l’Uruguay.

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La partita terminò 2-0, ma non fu il risultato (che avrebbe potuto essere più corposo) a stupire, quanto un nuovo modo di interpretare il calcio, che da lì in avanti avrebbe trovato estimatori e imitatori in tutto il mondo.

C’è un fotogramma, di questa partita, che può provare a “fermare l’attimo”: è un’immagine di un filmato di 40 anni e passa fa, la televisione era ancora in 4:3 e quindi non si aveva mai, in una sola inquadratura, tutta la visione d’assieme dell’azione di gioco. Non così per l’Olanda, che in questa immagine, portiere escluso, è tutta rinchiusa in un fotogramma

Olanda Uruguay 1974

La palla è in possesso degli uruguayani, e in uno spazio di meno di 10 metri, ci sono tutti e 10 i giocatori olandesi, che corrono verso il pallone, mettendo tutti gli attaccanti avversari in fuorigioco.

Ecco, questa fu la prima trasmissione globale di un’idea di calcio, che possiamo definire moderna, che cambiava i paradigmi, sportivi e culturali, dell’epoca. Non si parlava più di terzini, di ali, di stopper, di mediani: improvvisamente i giocatori erano interscambiabili, i ruoli solo un lontano ricordo, un centrocampista poteva fare il difensore, un centrale stare sulla fascia, e viceversa. L’importante era saper giocare bene con il pallone e, novità, sapersi muovere nello spazio in perfetto sincronismo.

Ma, se fermiamo il fotogramma successivo, notiamo immediatamente qualcosa di diverso

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Tra i 20 giocatori inquadrati in questo spicchio di campo, ce n’è uno che alza il braccio, perché ha imparato a comandare il movimento di tutta la squadra e, immediatamente, richiama l’attenzione dell’arbitro sul fuorigioco.

Ecco: questa idea di “calcio totale” la si deve certo a Rinus Michel, che aveva iniziato questa rivoluzione , nel calcio olandese, da alcuni anni, e non a caso l’Ajax, oltre a vincere tanti campionati nel suo paese, aveva vinto la Coppa dei campioni nei tre anni precedenti, 1971, 1972 e 1973, dopo averla persa – forse perché arrivati “troppo in anticipo sui tempi”, nel 1969 contro il Milan di Nereo Rocco.

Ma questa rivoluzione non sarebbe stata possibile se il cuore di quella squadra, e di quel fotogramma, e di tutta quella storia, non fosse stato Johan Cruijff.

Non a caso si trova perfettamente nel centro di quell’immagine, ed era nel centro di tutto il gioco di quella nazionale olandese che, pur perdendo due finali consecutive, è rimasta nell’immaginario collettivo come la compagine che ha cambiato, per sempre, il calcio.

Sul Cruijff calciatore sono state scritte tante pagine, anche interessanti. Sul suo modo di calciare, di correre, di dribblare. O i suoi gol “volanti”. Ma non si è fatta mai abbastanza attenzione sulla “gestualità” di Cruijff. Prima che con i piedi Johann Cruijff – quasi paradossalmente per il calcio – giocava con le braccia.

Guardate qui

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E’ fin troppo chiaro che si trattava di un vero “direttore d’orchestra”. Quello che lo ha differenziato dai grandi geni del calcio mondiale era proprio questo suo essere da un lato tecnicamente così dotato (come i Pelè, i Maradona, i Messi), ma contemporaneamente dotato di una resistenza fisica notevole (che gli permetteva di essere in tutte le zone del campo) e una “visione di gioco” che superava quella di ogni allenatore.

Le sue braccia sono sempre in movimento, ad indicare dove il gioco, il pallone, il movimento senza palla, devono dirigersi.

Basta leggere questa dichiarazione del suo compagno di squadra, Barry Hulshoff, barbuto difensore centrale, per capire come Johann fosse il vero “allenatore in campo”: « Discutevamo di spazio per tutto il tempo. Cruijff spiegava sempre dove i compagni avrebbero dovuto correre, dove rimanere fermi, dove non si sarebbero dovuti muovere. Si trattava di creare spazio ed entrare nello spazio. È una sorta di architettura sul campo. Parlavamo sempre di velocità della palla, spazio e tempo. Dove c’è più spazio? Dov’è il calciatore che ha più tempo a disposizione? È lì che dobbiamo giocare il pallone. Ogni giocatore doveva capire l’intera geometria di tutto il campo e il sistema nel suo complesso[31]. »

Creare spazio ed entrare nello spazio. È una sorta di architettura sul campo.

pane amore e....Prima notazione: gli altri giocatori parlano di come un loro compagno gli dava indicazioni su come giocare. Questa cosa mi ricorda gli aneddoti di Pane amore e fantasia, che venne diretto da Luigi Comencini, o Pane amore e…., diretto da Dino Risi, ma che dai racconti degli attori dal set viene fuori sempre la frase “De sica ci diceva di fare questo…”. Già Vittorio De Sica, a proposito di allenatori in campo.

 

Seconda notazione: il lavoro sullo spazio, e sul movimento, immaginato e creato da Cruijff, è qualcosa che davvero avvicina il calcio all’architettura del movimento moderno di Frank Lloyd Wright, immortalata sullo schermo dalla figura di Howard Roark, il geniale architetto dalle grandi idee moderne, interpretato da Gary Cooper nel magnifico La fonte meravigliosa, di King Vidor.

La grandiosa unicità di questo insopportabile genio del calcio (irascibile, sempre pronto a polemizzare con gli arbitri e, più avanti, con società e dirigenti, un maledetto antipatico anticipatore di tendenze che ricorda molto da vicino un personaggio come Steve Jobs, con il quale condivide questa ossessione per la sua personale ricerca, per un’idea di “prodotto” che si adatti al corpo, che trasformi i corpi, che modifichi le pratiche e le consuetudini sociali per crearne di nuove) sta forse proprio in quella “magnifica sconfitta” con la Germania nel 1974. Cruiff ha vinto tutto, campionati, Coppa dei campioni  in Olanda 1971, 1972 e 1973, Pallone d’oro 1971/1973/1974, campionati nel Barcellona da calciatore, 1974, e da allenatore 1991. 1992, 1993 e 1994. Ma a differenza di Pelè e Maradona non è riuscito a vincere il trofeo più ambito per qualsiasi calciatore. Eppure, è proprio in quella sconfitta che risiede il fascino perverso di un campione talmente rivoluzionario da andare oltre il concetto semplice di vittoria. La Germania vinse il titolo, ma nell’immaginario collettivo è rimasta “l’arancia meccanica” olandese.

E la poesia di quei 15/16 passaggi, nel primo minuto della finale, dove i tedeschi neanche riescono a toccare il pallone, e già Cruijff ha disegnato traiettorie impensabili e imprevedibili. Forse troppo presto, ma si sa, Cruijff era in anticipo su tutto….

“Lui ci ha aperto un mondo affascinante, un film che abbiamo interiorizzato […]. L’ho paragonato al professore di una materia che ti piace, un maestro di cui non vedi l’ora che faccia lezione. Era un tipo che ti diceva tutto il contrario di quello che avevi sentito per tutta la vita: ti dicevano che perdevi perché non correvi ma un giorno arriva lui e ti spiega che perdi perché corri troppo.” (Josep Guardiola)

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