Blog QUASI UN DIARIO – Messico & Nuvole

Era la primavera del 1992. Mi svegliai una mattina di soprassalto con un’idea nella testa: scrivere una commedia e ambientarla tutta in un bar notturno. Dal Blog di Angelo Orlando

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Messico & Nuvole fu un titolo che arrivò in un secondo momento… e fu il regista del primo allestimento a suggerirmelo.
Era la primavera del 1992. Mi svegliai una mattina di soprassalto con un’idea nella testa: scrivere una commedia e ambientarla tutta in un bar notturno. In quei giorni stavo leggendo un episodio di Nathan Never, un eroe della Bonelli. Il titolo era “Gli occhi di uno sconosciuto“. Aprii la prima pagina e nell’incipit lessi alcune frasi che mi colpirono.
L’intuizione era troppo evidente per non coglierla al volo. In quelle parole poste nella prima pagina del fumetto, c’era tutta la commedia che volevo scrivere. Gli sguardi, gli occhi degli sconosciuti che s’incrociano in un punto anonimo della città, i pensieri non rivelati, i segreti, le vite che continuano dopo un breve punto d’incontro, i vetri di un bar, il caffè caldo e la pioggia. Avevo trovato tutto. Dovevo solo tradurlo.
C’era un bar sulla Circonvallazione Clodia a Roma che restava aperto tutta la notte. E lì ci lavorava un barista simpatico. Non ho mai conosciuto il suo nome. Io lo chiamavo “Nuvola” perché aveva in testa un ammasso di capelli grigi e spettinati. Sembrava avesse una nuvola in testa. Diedi quel soprannome al mio personaggio principale. Nuvola aveva la parlantina che sfogava con tutti. Bastava entrare nel suo campo visivo e ti rivolgeva immediatamente la parola. A volte condiva le sue frasi con l’intercalare: “… questo è il concetto di…”
Scrissi il copione in una quindicina di giorni. Lo stampai e lo riposi in un cassetto. Lì ci rimase fino a quando Bruno Montefusco, un mio vecchio amico di Salerno che viveva a Roma come me e faceva il regista, non mi disse che avrebbe voluto fare qualcosa con me a teatro. Senza pensarci tanto, tirai fuori il copione che avevo scritto e glielo feci leggere. Bruno mi chiamò dopo qualche giorno, mi disse che il copione gli era piaciuto e gli aveva anche fatto venire un’idea. Voleva allestire lo spettacolo nel foyer di un teatro a Roma dove c’era realmente un bar. Voleva mettere in scena quel testo con la gente seduta ai tavolini. Mi sembrò un’idea fantastica.
Gli occhi degli sconosciuti debuttò a Roma nel febbraio del 1993 col titolo Messico & Nuvole. Facemmo il pienone quasi tutte le sere. Ogni tanto mi rendevo conto che la sala era talmente piena che c’erano più persone in piedi che sedute ai tavolini e sui divanetti. Come una magia, il bar Messico apriva ogni sera alle nove. Raul Bova fu l’unico, a parte il sottoscritto, a non fare il provino. Tutti gli altri furono scelti dal regista e da me che, collaborai alle selezioni. In verità, l’unico attore che volevo portare io, non fu scelto. Fui io stesso a rinunciarci dopo aver visto il provino di Marco Giallini.
Giallini interpretò Orso, il fidanzato di Rubinia e amante di suo fratello, Gabriele, interpretato da Raul. Rubinia aveva il viso e la grazia di Sandra Franzo, mentre Anna Zaneva, interpretò la bella Jessica, la fidanzatina di Mirko, il ragazzo di borgata che insieme a lei, si rifugia nel bar, in attesa che smetta di piovere; quest’ultimo, interpretato da un giovanissimo Valerio Mastandrea. Io ero il più anziano. Avevo già trent’anni e, ai tempi, ero il nome che faceva cartellone, nonché, autore del testo.
Alla prima, Marco Giallini ci regalò a tutti un portachiavi a forma di Pinocchietto e a me, regalò anche il numero due originale di Tex Willer “Due contro venti“. Valerio Mastandrea è stato per un decennio un alter-ego per le storie che scrivevo. Venne a vivere dopo qualche mese, in un appartamento di fronte al mio, sullo stesso pianerottolo e per tre anni, praticamente, vivemmo insieme. Consolidai con lui un bel sodalizio artistico e ancora oggi, sono legato a lui da un’amicizia che va al di là del rapporto professionale.
Messico & Nuvole ha avuto un’altro allestimento, con altri attori, sedici anni dopo, sempre a Roma. Fui io stesso a curare la regia. In quell’occasione, scrissi una revisione per attualizzare alcune cose, ma non toccai praticamente nulla della struttura. Feci tornare il titolo originale: “Gli occhi degli sconosciuti” e lo spettacolo si realizzò al Teatro Lo Spazio, a San Giovanni. Credo che il testo sia ancora molto attuale e anche se alcuni tabù ormai, sono caduti, lo spettacolo conserva una sua particolarità che è quella della comicità all’interno di un dramma.
Il testo è pubblicato su dramma.it e potete tranquillamente scaricarlo e leggerlo.
Vi lascio il link qui sotto.
Ai registi che volessero riportarlo in scena, solo il consiglio di lavorare sulla verità. La forza di questo testo, secondo me, è soltanto nella verità e in quelle poche righe dell’incipit del fumetto di Nathan Never.
Lei mi vede. Per un istante, i nostri occhi s’incrociano attraverso la vetrata. Poi lei si volta e s’allontana. Io torno al mio caffè e scopro che ormai è freddo. Fuori continua a piovere.
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