"Blood Diamond", di Edward Zwick

Edward Zwick è convintissimo di stare girando un film in cui denuncia la tratta dei cosiddetti 'diamanti insanguinati', l'addestramento di baby-killer da parte dei ribelli in Sierra Leone, e le atrocità di quella guerra civile – quando invece si tratta del suo ennesimo pericolosissimo fumettone d'assalto. Ma DiCaprio è ormai corpo-già-departed.
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"Tra tutti i grandi attori di oggi, Leonardo DiCaprio è di gran lunga

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il più grande attore del mondo."

Enrico Ghezzi l'altra sera al Detour

 

All'inizio Leonardo DiCaprio è sempre proveniente da un altro set – piomba nei film ogni volta inaspettato, imprevisto, improvviso. I registi te lo sbattono in faccia, Leonardo DiCaprio. E già qui lui, dopo essere planato nella nostra storia/visione, si mostra subito oltre, entità al di là, al di sopra e al di fuori del resto della materia filmica, così esagitato ed esagerato ed innaturale e terribile in questa scenetta tutte moine di convincimento dei ribelli armati. "Sono qui perché non ho idee migliori" – si giustifica, quasi, DiCaprio, per le battute tremende messe in bocca al suo personaggio dallo script agghiacciante di Charles Leavitt: sono qui in quanto corpo ormai definitivamente departed, fantasma scorsesiano che non può che portarsi dietro i segni di Scorsese, Leonardo DiCaprio, segno tridimensionale come la folle corsa del suo personaggio videogameizzato in The Beach di Danny Boyle, in una scena di bombardamento in cui la sua figura che corre è l'unica cosa che spicca, come fosse l'unica che si muove davvero, in mezzo alla lenta piattezza da Hollywood-immobile della regia-panzer di Edward Zwick. Ed è forse questa, tra l'altro verso il finale di 2 h e 23 interminabili, l'unica sequenza in cui il regista sembra ritrovare quel respiro alla fin fine epico di film come L'ultimo Samurai o Vento di Passioni. Zwick che proprio DiCaprio non lo riesce a capire, se non in una sequenza ultima in cui gli riserva un'uscita di scena davvero formidabile, in cui DiCaprio si reinventa ancora una volta come fuoricampo, sguardo ai lati che travalica confini, echi addirittura (!) de Una pallottola per Roy. All'improvviso ci si rende così conto di come a salvare dal fraintendimento quantomeno d'immagine (d'immagini?) ci abbia pensato questa sintonia e complicità che d'un tratto appare così evidente e materica tra la star e il (suo) direttore della fotografia Eduardo Serra, che coglie e investe l'essenza di DiCaprio "artista/corpo della sparizione". Inaccettabile comunque resta il fraintendimento quello d'intenti, invece, per cui Edward Zwick è convintissimo di stare girando un film appoggiato dal World Food Programme in cui denuncia la tratta dei cosiddetti 'diamanti insanguinati', l'addestramento di baby-killer da parte dei ribelli in Sierra Leone, e le atrocità di quella guerra civile – quando invece si tratta del suo ennesimo fumettone d'assalto girato con  solita baldanza e pretenziosità di un regista che

le scene con quarantamila comparse le sa pure girare: e le cinque candidature agli Oscar che gli son piovute addosso lasciano intendere che sia proprio questo (solo questo) lo sdegno civile di Hollywood – come se alle Nazioni Unite sia mai passato per la testa di aiutare a distribuire, per esempio, Bamako di Sissako piuttosto che Blood Diamond.

 

Regia: Edward Zwick

Interpreti: Leonardo DiCaprio, Jennifer Connelly, Djimou Hounsou, Michael Sheen, Arnold Vosloo

Distribuzione: Warner Bros. Italia

Durata: 143'

Origine: Usa, 2006

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