Un lupo mannaro americano a Londra, di John Landis

Si muove su diversi piani di sublime ambiguità, tra commedia e horror o tra superstizione e razionalità. Uno dei film più importanti degli anni ’80.

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Titolo originale: An American Werewolf in London
Anno: 1981
Durata: 97’
Distribuzione: Universal Pictures
Genere: Horror
Cast: David Naughton, Griffin Dunne, Jenny Agutter, John Woodvine, Lila Kaye, David Schofield
Regia: John Landis
Formato Blu-Ray: 1,85:1
Audio: Italiano DTS 2.0, Inglese DTS HD 5.1, Spagnolo 5.1, Francese DTS 2.0, Tedesco DTS 2.0
Sottotitoli: Inglese, Italiano, Francese, Tedesco, Spagnolo, Portoghese, Giapponese, Danese, Olandese, Finlandese, Greco, Coreano, Norvegese, Svedese, Cinese
Extra: Documentario Attenti alla Luna di Paul Davis, Featurette originale del 1981, Intervista a John Landis del 2001, Intervista a Rick Baker del 2001, Storyboard della sequenza a Piccadilly Circus, Riprese dell’epoca sulla lavorazione degli effetti speciali, Scene tagliate, Galleria Fotografica
IL FILM
Il segreto di An American Werewolf in London è tutto nelle pieghe della sequenza iniziale tra le mura della locanda dal nome esageratamente profetico de L’agnello macellato: mentre l’avventore del pub racconta una barzelletta ai presenti, i due involontari ospiti americani non possono fare a meno di vedere un’inquietante stella a cinque punte disegnata sul muro; non appena l’uomo ha finito di far ridere i suoi amici – nel tentativo di stemperare l’ostilità verso i nuovi arrivati – uno di loro non resiste e domanda perché ci sia quel graffito sulla parete. Improvvisamente, la tensione latente esplode, cala il silenzio e i due vengono invitati ad uscire, a stare attenti alla luna, a non abbandonare la strada e a non smarrirsi nella brughiera. Oppure, è nel modo in cui il lupo mannaro semina il panico a Piccadilly Circus: il gusto con cui John Landis fa scontrare le macchine è lo stesso con cui si (ci) divertiva a far ammassare decine e decine di auto della polizia, lanciate all’inseguimento della BluesMobile nelle strade di Chicago; questa volta però, dagli incidenti al centro della città escono fuori le vittime, il sangue, i corpi schiacciati, le teste che rotolano. Tra le pieghe di An American Werewolf si nascondono le tracce di uno dei film più importanti degli anni ottanta: non solo perché porta il discorso sulla mutazione del corpo agli estremi di una stupefacente metamorfosi da uomo a bestia; non solo perché affronta la postmodernità di un film che termina in un cinema porno, dopo aver ammiccato costantemente a tutto il repertorio della Universal degli anni d’oro degli studios (e ovviamente alla visione tragica della licantropia incarnata da Lon Chaney Jr.); lo è soprattutto perché tiene sempre il piede in due staffe. L’ambiguità più evidente è appunto quella tra commedia e tragedia, tanto confuse che – appunto – basta una semplice domanda a far valicare il confine tra i due mondi. Ce n’è però un’altra, e Landis sembra averla ancora più a cuore: d’accordo, l’uomo lupo non esiste, i nosferatu non esistono. An American Werewolf sembra porci un’altra domanda, ancora più affascinante: e se avesse ragione la superstizione? Se la nostra razionalità dovesse avere a che fare con la prova inconfutabile della loro esistenza? Probabilmente si comporterebbero come fa Griffin Dunne nel suo primo incontro da zombie con l’amico David Naughton: chiederebbero un pezzo di toast, e parlerebbero del più e del meno, di come dopo il suo funerale la sua ragazza si sia buttata tra le braccia di un altro… E’ proprio l’assoluta logicità con cui i due affrontano il problema della licantropia che spinge il film sull’azzeccato e originale terreno dell’assurdo: e Landis ci tiene al punto da dare squarci della città londinese quasi documentaristici: la gente in strada, in fila per l’autobus, al supermercato, i punk in metropolitana, e da tenere in massimo conto il realismo degli effetti, come nella incredibile (almeno in tempi in cui il morphing digitale non esisteva) trasformazione realizzata da Rick Baker. Eppure, è proprio questo a rendere il suo film esilarante: forse perché Landis non smette mai di giocare, di creare dissonanze tra musica ed immagine, di spaventare (gli incubi del protagonista, perturbanti come i demoniaci nazisti che in sogno sterminano lui e la sua famiglia) e di mettere a disagio – gli incubi all’ospedale – di far ricordare al pubblico che dopotutto è solo un film. Forse (è quello che ripete Michael Jackson alla sua co-protagonista Ola Ray in Thriller, diretto appena un anno dopo: per definizione, il viso mutante del decennio, una palingenesi vivente).

 

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IL BLU-RAY

E’ superfluo dare voti tecnici all’edizione in Blu-Ray: l’immagine e il suono raggiungono tali livelli di nitidezza e definizione che è persino difficile immaginare come la tecnologia possa offrire di meglio. Tuttavia, l’edizione di Un lupo mannaro americano a Londra non si è accontentata di presentare al meglio possibile il film di John Landis. Gli extra infatti presentano un monumentale documentario di un’ora e mezza che ne ricostruisce john landistutta la lavorazione: dall’idea del soggetto – che venne in mente al regista nel 1969, quando in Jugoslavia si ritrovò ad assistere ad un bizzarro funerale organizzato da una comunità di zingari – fino alla distribuzione in sala e alla grande fortuna che incontrò presso il pubblico. Attenti alla Luna è un vero e proprio film: lo studioso inglese di horror Paul Davis – che lo ha curato – è riuscito ad intervistare tutto il cast tecnico ed artistico, oltre ovviamente a John Landis e a Rick Baker, che non si sono risparmiati nel raccontare le difficoltà incontrate durante le riprese. Nel frattempo, il giovane narratore – che è originario proprio del Surrey, e che vide il film per la prima volta a tre anni – ripercorre i luoghi in cui il film è stato girato, ed entra persino nei locali de L’agnello macellato, che nel frattempo ha pensato bene di rinnovarsi. Il documentario è un piacevole must – ricco di aneddoti e di accurate spiegazioni di messa in scena e di effetti speciali: anche su quell’inarrivabile capolavoro artigianale che è la sequenza della trasformazione, premiata con l’Oscar – per tutti quelli che hanno fatto di An American Werewolf uno dei loro film preferiti. Dopo il featurette originale del 1981, i contenuti speciali presentano due interviste a Rick Baker e una a John Landis, che arricchiscono e completano i lunghi interventi dello zelante lavoro di Paul Davis, e si concentrano su come siano rimasti suggestionati dall’immaginario creato dai vecchi horror della Universal. Le cose più interessanti che restano da segnalare sono però un filmato dell’epoca che mostra i difficile lavoro al trucco di David Naughton (l’operazione con cui prendono il calco della sua mano), e il modo in cui lo storyboard si è trasformato nella celebrata sequenza del lupo mannaro che si aggira minaccioso per Piccadilly Circus.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4.33 (6 voti)
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