Breakfast Club, di John Hughes

Chiude in un unico luogo le cinque figure classiche della teen-comedy. Hughes mette a nudo fragilità e paure in una struttura essenziale che è il suo manifesto.

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The Breakfast Club non è il film più riuscito di John Hughes e nemmeno il più divertente. Tuttavia, le caratteristiche insolite della sua struttura chiusa lo hanno fatto diventare il manifesto di uno dei registi più influenti del cinema americano degli anni Ottanta. Per estensione, la storia di cinque ragazzi che devono passare un sabato in punizione nella biblioteca del loro liceo conserva l’immagine di tutta la sua epoca.

La sceneggiatura rispetta in maniera talmente rigorosa le tre unità aristoteliche da sembrare inerte. The Breakfast Club è un film in cui le azioni vengono solo raccontate dai personaggi con delle lunghe sequenze di dialogo. La staticità viene solo a volte movimentata da degli intermezzi musicali che non hanno alcun intento coreografico. Eppure, è proprio questa essenzialità a mostrare tutti i punti nevralgici della scrittura di John Hughes.

Il sostanziale spazio fisso dell’ambientazione sfugge all’accusa di teatro filmato per l’uso ricorrente del montaggio interno e del primo piano. The Breakfast Club usa tutti i mezzi a disposizione del cinema per rubare un’emotività di cui i suoi personaggi si vergognano. John Hughes li combina per sottrazione con la sua straordinaria capacità di interpretare un sentimento generazionale. Infatti, è impossibile separare la fragilità dei suoi giovani dal contesto storico del mito reaganiano. La loro diversità era ancora più osteggiata in una sovrastruttura che predicava il conformismo ai sani valori americani. La loro tentazione di sottrarsi all’ossessione della competizione era l’idizio di un disturbo sociale.

I liceali di The Breakfast Club non solo hanno la paura di non realizzarsi ma addirittura quella di non esistere affatto. Così, Molly Ringwald soffre i suoi istinti sessuali per la paura di non esserne all’altezza e di conseguenza finge di essere un oggetto del desiderio. L’argomento della prima volta ricorre in quasi tutte le conversazioni in un modo esplicito per gli standard di trentacinque anni fa. The Breakfast Club non è un film in cui i personaggi si parlano addosso perché le loro angosce sono condivise dal pubblico.

John Hughes è stato abile non solo a comprenderle e a sintetizzarle, ma anche a mostrarle con uno sguardo di benevolenza e di complicità. L’idea di invertire le relazioni tipiche della teen-comedy tradisce un’opera di mediazione. La ragazza dei quartieri alti è attratta dal teppista invece che dall’atleta. Invece, l’aitante Emilio Estevez trova un punto di contatto con la disadattata. I giochi delle coppie sono un chiaro intervento di manipolazione narrativa. Il fatto che il geek ne resti fuori tenta di smorzare l’espediente per cui c’è sempre un posto per tutti. Tuttavia, il resto del film procede seguendo un copione aperto all’improvvisazione e alle suggestioni del momento. The Breakfast Club è stato così identificativo perché spesso la sintonia tra il cast e il regista annulla la barriera della recitazione.

Del resto, l’obbiettivo principale del film è quello di mettere a nudo la verità interiore dei ragazzi. Un’anima scomoda che si nasconde ancora di più dietro la loro composizione marcatamente tipizzata. Le funzioni narrative tipiche del cinema di John Hughes si rendono ancora più esplicite all’interno di una trama ridotta al minimo necessario. Judd Nelson è strepitoso nell’incarnare l’incontenibile volontà di potenza della giovinezza. Il suo fastidioso animo ribelle serve per stimolare e liberare quelle pulsioni costantemente represse dal contesto familiare e scolastico. La sua insolente perseveranza conduce alla confessione collettiva del gesto estremo che ha all’origine della punizione. Un atto catartico in cui tutti gettano la maschera e mostrano la loro debolezza e la loro vera indole.

John Gleason è altrettanto adeguato a declinare tutte le forme dell’autorità, secondo un altro schema a specchio tipico dei film di John Hughes. Infatti, la parte degli adulti è quasi sempre limitata alla proiezione del terrore adolescenziale di diventare come loro. Il preside si lamenta con il bidello che i giovani sono diventati indolenti ed irrispettosi. L’inserviente gli fa notare che i teen-ager sono sempre gli stessi, mentre la sua vita e la sua carriera lo hanno invecchiato e cambiato. Tutti i personaggi di The Breakfast Club cercano di sfuggire alla consapevolezza di questa metamorfosi. Le loro conversazioni sono intrise della paura di non essere capiti, amati e ricordati per quello che erano prima di questo momento.

La maturità è una conquista che rende disillusi e privi di empatia persino verso i propri figli. La sua contrapposizione con una immaturità dolente ma vitale è il fulcro di ogni film di John Hughes. Quindi, Ally Sheedy chiude la lunga sequenza della liberazione con una frase che riassume tutto il suo cinema: quando uno cresce, il suo cuore muore.

Titolo originale: The Breakfast Club
Regia: John Hughes
Interpreti: Judd Nelson, Molly Ringwald, Anthony Michael Hall, Emilio Estevez, Ally Sheedy, John Gleason, John Capelos
Durata: 97′
Origine: USA, 1985
Genere: commedia

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.6
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Il voto dei lettori
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