CANNES 58 – "Shanghai dreams" di Wang Xiaoshuai (Concorso)

Wang Xiaoshuai tieni i corpi lontani e distanti tra loro, chiusi nella solitudine del proprio intimo dolore, accarezzandoli con lente, quasi impercettibili, carrellate che scoprono lo spazio e donano una "implicita" tonalità affettiva agli ambienti, in cui sono "gettate/costrette" le singole esistenze.

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La giovinezza rubata. Nella Cina degli anni sessanta, per volere del governo, numerose famiglie lasciarono le grandi città per stabilirsi nelle regioni povere, al fine di sviluppare l'industria locale. Questo è lo sfondo su cui si svolge la storia della giovane Qinghong e della sua famiglia, dopo aver lasciato Shanghai per andare a vivere nella provincia di Guizhou, dove Qinghong e gli altri bambini hanno trascorso la loro adolescenza, fatto amicizia tra loro e scoperto l'amore; ma il padre di Qinghong continua a pensare che l'avvenire dei suoi due figli sia a Shanghai. Con Shanghai dreams, in concorso qui al Festival di Cannes, Wang Xiaoshuai, regista, vincitore nel 2001 dell'Orso d'argento al Festival di Berlino con Le biciclette di Pechino, ci offre un altro meraviglioso squarcio della sua terra: "Questo film è il triste ricordo della mia giovinezza passata, in una regione rurale, proprio come la famiglia di Qinghong", ha raccontato. Altrettanto interessante è sapere che il nome della protagonista nasce dall'accostamento di due colori: il verde "Qing" e il rosso "hong". I due colori che riflettono, sempre nelle parole dell'autore, meglio l'epoca descritta: "Il verde rappresenta l'ingenuita' della gente, la loro gentilezza e il loro desiderio di sopravvivenza, un colore che contrasta violentemente [Il rosso] con le cose che la gente fu costretta a fare in quegli anni". Questo nuovo film di Wang Xiaoshuai è dolente come un'elegia, intessuta della speranza di quei sogni fatti ad occhi aperti. Sogni, che non hanno la leggerezza, l'impalpabilità onirica e fantasmatica del trasporto oltre il mondo che ci contiene, della fuga momentanea e piacevole dalla realtà, che i nostri sensi percepiscono; ma la tangibilità di una volontà sofferente, tutta protesa ad una meta lontana da dover raggiungere col sacrificio (il volere del padre di Qinghong di ritornare a Shanghai). In questo film Wang Xiaoshuai tieni i corpi lontani e distanti tra loro, spesso separati da diaframmi, come porte, finestre, grate o chiusi nella solitudine del proprio intimo dolore, accarezzandoli con lente, quasi impercettibili, carrellate che scoprono lo spazio e donano una implicita tonalità affettiva agli ambienti, in cui sono gettate/costrette le singole esistenze. I suoi sono corpi, in cui il desiderio è l'espressione di una profonda inesauribilità, anelante a perdersi dentro l'essere amato, a soddisfare la prensilità del(l'altrui) corpo fino a piagarlo, a privarlo della sua innocenza (la violenza che Qinghong subisce). I corpi, da lui filmati, sono la traccia semica di una desiderante disseminazione metonimica, i semi, con cui potersi dolcemente esporre alla vita (la bellissima scena, in cui Qinghong prova le scarpe rosse che le sono state regalate), alla speranza, anch'essa inesauribile, di poterne godere la bellezza.

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