CANNES 64 – (In)evitabile Palma d'oro a Malick

the tree of life
Qualche responso convince, qualche altro lascia perplessi, soprattutto quello per la Palma d'oro a Terrence Malick e il premio della regia a Nicolas Winding Refn. Troppi i bei film lasciati fuori dal verdetto della giuria presieduta da Robert De Niro. Questa 64° edizione verrà ricordata più per la qualità che per il Palmarés. Dove anche l'Italia è stata troppo ignorata 

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the tree of lifeIn parte sono state rispettate le previsioni dei bookmakers di inizio festival. The Tree of Life di Terrence Malick ha infatti vinto la Palma d'oro, Once Upon A Time in Anatolia del turco Nuri Bilge Ceylan il gran premio della giuria ex-aequo con i fratelli Dardenne di Il ragazzo con la bicicletta. Clamorosamente fuori, rispetto alle indiscrezioni degli ultimi giorni, Le Havre di Aki Kaurismäki e Hanezu no tsuki della giapponese Naomi Kawase, dato addirittura come il titolo più accreditato per il massimo riconoscimento prima dell'inizio del festival. Come ci si trova davanti a questi verdetti? Diciamolo, piuttosto perplessi. Anche perché erano anni che la competizione di Cannes non era a questi livelli di qualità, e forse da parte della giuria presiduta da Robert De Niro c'era bisogno di una scelta più estrema, meno scontata. La Palma d'oro farà sicuramente esultare i numerosi 'malickiani', ma c'é da dire che a una parte della nostra redazione il film ha profondamente deluso, essendo un cinema sempre di una riconoscibilità unica dove però per trovare l'armonia del mondo Malick perde di vista il paesaggio, i conflitti, la terra del Texas degli anni '50. Restano grandissimi La rabbia giovane, I giorni del cielo e La sottile linea rossa. La natura lì respirava, era un rifugio, qui si mette in mostra come dettaglio da inquadrare assieme alle nuvole. Quelle del cinema di Cimino, rispetto a questo film, sono un'altra cosa.

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Partiamo dunque dalla fine. Su cosa siamo d'accordo sul verdetto di questa 64° edizione? Innanzitutto i due gran premi della giuria, con Il ragazzo con la bicicletta dei Dardenne che sprigiona rabbia dal fisico (la telefonata iniziale è una scena da brividi) ma rispetto al passato è anche più aereo e leggero, e Once Upon a Time in Anatolia, il 'più bel film palloso del festival', dai ritmi dilatatissimi ma che poi si restringe portando i protagonisti corpo a corpo, con una tensione che si manifesta anche solo dalla compilazione di un verbale. Ci è garbato e ci piace sempre di più col passare del tempo Polisse di Maiwenn, premio della regia, forse esagitato, pieno di momenti sbagliati e però così denso di un'energia e di un'umanità che finiscono per catturare. Sostanzialmente d'accordo anche col premio a Kirsten Dunst per Melancholia di Lars von Trier, una scommessa difficile per l'attrice statunitense ma sostanzialmente vinta e con la Palma per la sceneggiatura assegnata a Footnote di Joseph Cedar (ci si pensava appunto mentre si vedeva il film, "vedrai che questo vince la sceneggiatura").

Su cosa non siamo d'accordo? Ovviamente con la Palma d'Oro a The Tree of Life ma anche con il premio al miglior attore a Jean Dujiardin per The Artist quando c'era la grandiosa prova di Michel Piccoli e, in seconda battuta, Ryan Gosling per Drive. Non ci è garbato neanche il premio alla regia al fin troppo osannato danese Nicolas Winding Refn proprio per Drive, che sciupa il suo bravo protagoniasta, mortifica il poliziesco anni '70 e '80 dopo una grande partenza a razzo proprio per esibire i segni riconoscibili del suo cinema che squarciano un film che aveva ben altra identità.

le havreChi è rimasto fuori? In parte l'abbiamo detto. Le Havre, forse uno dei migliori Kaurismäki di sempre, e il tocco sublime sul tempo e sul corpo di Naomi Kawasse per Hanezu no tsuki. Ma anche Habemus Papam di Moretti, cinema che si porta già avanti nel futuro (cosa rarissima nel cinema italiano), ma in parte anche il Sorrentino di This Must Be the Place (anche qui, o la regia o l'attore erano da riconoscimento). Ignorato poi completamente il fiammeggiante Takashi Miike di Ichimei con una parte mélo che lascia indelebili cicatrici, e anche il coraggioso Bonello di L'apollonide, quasi un sogno/cinema nel passato, distante e toccante con un uso depistante della musica che colpisce proprio per il suo volontario attrito.

Resterà quindi più la grandezza di questa edizione che i premi. Che, come sempre, fanno e faranno discutere. C'è chi giudicherà quelli a Malick e a Refn coraggiosi, c'è chi come noi ci vede proprio la mancanza di coraggio.

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    28 commenti

    • Bé dai, coraggiosa la palma a Malick non può dirlo nessuno, il premio a un film che già un anno fa tutti definivano capolavoro (pur senza aver visto neanche un fotogramma, a dimostrazione di come la critica va ormai col pilota automatico) è scontatissimo, così come il fatto che vengano sempre premiati i dardenne e ceylan, come se il cinema non avesse altro da proporre. Invece premiare un regista di genere come Refn non lo trovo affatto scontato, anche se non so come sia il film. Il massimo del coraggio sarebbe premiare Miike, ma il coraggio se uno non ce l'ha non è che se lo può dare…

    • Posso farvi i complimenti per come seguite i festival, cari selvaggi? In mezzo a tante critiche sui vostri giudizi, ci sta bene anche una bella sviolinata, su!

    • Concordo su Malick: non un film eccezionale. Mentre dissento su Refn, che reputo uno dei registi attualmente più capaci.

    • tree of life… ovvero un film così PretENZIOSo che diventerà presto il film simbolo del peggior kitsch che pretende invece di volere essere POETICO…! film NON emozionante: dai dialoghi algidi.. e di una estetica così leziosa che diventa maniera (e la poesia vera, cosa che il nostro SopravvALUtato regista non conosce VERamEnte.., è il contrario del manierismo!)
      la premiazione di tree of life (uno dei peggiori film del festival osannato come CAPOLAVORO da metà della critica!! ) dimostra come la critica (e le giurie ancor peggio..) NON SOLO usa il Pilota Automatico nel giudicare un film (cosa intollerAbile ma purtroppo molto vera: ho costatato, con questo film, che la metà dei cosiddetti critici lo usano! della serie: l’onestà intellettuale è una merce davvero appannaggio solo di pochissimi, quelli che hanno il coraggio di andare contro.. i migliori…!) ma si fa anche guidare dal CONFORMISMO culturale DominAnte (che è il contrArio dello ‘spirito critico’ di chi sa davvero riflettere …

    • … riflettere e interrogarsi sulle cose)!!

      è proprio vero.. l’Onestà Intellettuale è prerogativa SOLO delle persone Coraggiose (e Merce RARISSIMA…!)
      ed è davvEro Tristeeee e PreoCCupante tutto ciò….
      2

    • Emiliani, tra qualche anno, rileggendo questi commenti sulla palma d'oro a Malick capirà di essersi sbagliato. E mestamente renderà merito a chi invece ha amato, da subito, questo film/esperienza senza uguali. Non servivano premi o ricoscimenti.

    • L'anno scorso la Palma fu sbagliata. Ma, non essendoci NIENTE da premiare avrebbero dovuto fare come fece Rossellini, una volta negli anni '70. Non assegnare il premio. E' ancora troppo presto per dirlo, mi mancano Cavalier, Von Trier, Kaurismaki, Refn e altri. Ma posso solo dire che The tree of life è cinema immenso. Non invecchierà mai. Lode a Kirsten Dunst. La meravigliosa interprete di Marie Antoinette è al primo premio importante, oltre che una sorpresa assoluta. Era dal 1993 che un'attrice americana (allora fu Holly Hunter a vincere il premio) non vinceva un premio.

    • Michele Centini

      Il commento di anonimo del 23-05-2011 è mio.

    • fratello dardenne

      la zappa, come strumento di lavoro, ultimamente è troppo sottovalutata. facci un pensierino.

    • The tree of life è una lunga preghiera, un dialogo con un Dio muto che risponde solo attraverso le immagini. In un cinema che ultimamente si affanna a raccontare un po’ troppo, sempre ipernarrativo e ipersceneggiato alla famelica ricerca di storie (qualsiansi esse siano), Malick ci consegna un’opera aperta in cui c’è ancora spazio per lasciar scorrere il respiro delle nostre riflessioni.

    • Come spesso succede ci si intestardisce su diatribe e tifo per questo o quel film . ma vediamo oramai da tanti anni tantissimi film e raramente si possono vedere tante cose potenti e da assimlare come nell'ultimo Malick ed infatti scatena passioni forti , spesso ci vuolwe del tempo come èper tutte le opere di genio e onore al merito per un film immenso che porta lo stesso Sorrentino a dichiarare che dopo aver visto malick glis embrava essendo insieme in concorso di giocare contro Maradona … al tempo ardau sentenza

    • Signore perdonali, non sanno quello che dicono (ehm scrivono)

    • diciamo semplicemente che il mestiere del critico non è quello dell'oracolo. a voi di sentieri (o almeno a chi ha fatto le recensioni) i film vincitori del festival (Malick e Refn) non sono piaciuti… Baseterebbe limitarsi a questa constatazione. Se invece, nonostante gli autorevoli premi, si insiste nel considerare i giurati dei poveri sfigati, allora si rischia di apparire tali (appunto, sfigati). Dovreste avere un pò più di umilità, cosa rarissima nella vostra redazione "che rimane perplessa" di fronte ai premi.. Se in più arrivate a concludere che "resterà più la grandezza di questa edizione che i premi" allora ne siamo certi: rimarranno i premi, rimarrà la grandezza del film di Malick e infine, rimarrà la vostra consueta spocchia

    • è più facile che un cammello passi per una cruna di un ago, che un fanatico cinefilo nel regno dei cieli. Che mali(n)ck(onia)!

    • non capisco scusate…quindi i giudizi critici dovrebbero sempre essere uguali a quelli di una giuria? Se qualcuno dice di essere perplesso è automaticamente spocchioso? A sto punto non si mandino proprio le redazioni ai festival, poi aspettiamo i premi e lodiamo tutti in coro i film che son piaciuti a De Niro, Jude Law e Uma Thurman…magari son veramente 2 capolavori, non è questo il punto, è il concetto della funzione di una rivista di cinema che in alcuni commenti qui sotto non mi è chiaro….

    • Di certo se c'è una cosa a cui non si aspira qui è il regno dei cieli. Lo lasciamo ai cammelli

    • Forse si ragiona con troppi schematismi caro Frank Serpico, con quei tristi mi piace non mi piace che per fortuna sono ben lontani dalle recensioni di Sentieri selvaggi. Poi che il premio a Malick sia un po' "telefonato" non appare proprio una bestemmia, quanto una constatazione. E che i critici pensino con la propria testa è sempre lodevole

    • ma che c'entrano i cammelli e il regno dei cieli? ah era una citazione per ricordare il Malick degli anni settanta! 🙂 che fatica starvi appresso, ragazzi!

    • volevo dire che un sopracciglio alzato della Gainsbourg in qualunque sua interpretazione, vale cento smorfie della Dunst

    • che i critici pensino con la loro testa è senz'altro lodevole, ma quando UN critico scirve a nome di TUTTA la redazione, allora non è libertà, ma appunto SCHEMATISMO…

    • Scusa Danilo, Scusa Frank,
      ma dire "resterà più la grandezza di questa edizione che i premi" non è un giudizio libero e indipendente su un film (ben vnega grazie a dio) ma dare già una sentenza "stoirca" su questo festival. Qua non c'entra il mi piace o il non mi piace, qua è una questione di dare "ai posteri l'ardua sentenza" e non alla redazione di Sentieri…
      Concordo in questo caso con chi ha parlato di spocchia…

    • magari leggete bene, qui non si parla a none di tutta la redazione ma mi è sembrato di aver letto 'a una parte della nostra redazione'. Magari avete letto bene voi e io me lo sono solo immaginato

    • ' Restano grandissimi La rabbia giovane, I giorni del cielo e La sottile linea rossa. La natura lì respirava, era un rifugio, qui si mette in mostra come dettaglio da inquadrare assieme alle nuvole'

      Mi sento di scolpire questa frase a indelebile memoria. Tra 10 anni ci saremo dimenticati di Tree of life come abbiamo già dimenticato New World

    • Avete preso un abbaglio voi che lo denigrate con parole evidentemente risentite 🙂 A quanto pare è un film troppo grande per qualcuno 😀

    • O forse troppo presuntuoso. La denigrazione è una reazione uguale e contraria alla pomposa esaltazione 😉

    • quanti anonimi, neanche a firmarsi con il nome? Almeno Emiliani ci mette la firma e la faccia sulle proprie idee, qui invece è tutto un fiorire di banalità e luoghi comuni. Non ho letto una sola idea di cinema, in questi commenti, solo inutili attacchi alle opinioni di un altro. Cosa vi è piaciuto in questo film? Mistero.Non è che questo film zombizza gli spettatori? Li vedo attaccarsi alla carne di chi non lo ha amato, pronti a sbranare chi non è come loro. Diffidate di un cinema che rende le persone cosi'.

    • L’ALBERO DI MALICK
      Palma d’oro a Cannes.(The trhee of life)Chi lo ha paragonato a Tarkovskij chi a Kubrick.Noi lo abbiamo trovato solo profondamente Americano. Non Hollyvoodiano.Stiliscamete di alto profilo .Ma noioso.La famiglia come nucleo per giungere a Dio.E la natura che esplode come in un documentari o della BBC.

    • @mina bella questa, adesso sarebbe colpa "del cinema" o di "un certo cinema" che "rende le persone così" se un buon numero di esseri umani non è in grado di argomentare o di esprimere un concetto decente? la media degli italiani ci riesce perfettamente con altri mezzi a rincoglionirsi, lasciamo in pace il cinema…