#Cannes2016 – La Tortue rouge, di Michaël Dudok De Wit

Arriva l’animazione alla “Un Certain Regard” con La Tortue rouge, il primo lungometraggio del regista olandese Michaël Dudok De Wit. Prima produzione europea dello Studio Ghibli.

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Dopo un drammatico e violentissimo naufragio, un uomo si ritrova su un’isola deserta. Il naufrago sembra disorientato nel doversi adattare alla vita solitaria sull’atollo incontaminato. Le sue giornate si susseguono, infatti, alla scoperta del meraviglioso nulla naturale che lo circonda, con esplorazioni tra il bambù, le noci di cocco e qualche granchio invadente. Spinto dalla disperazione l’uomo decide di scappare dall’isola, provando con una zattera costruita con mezzi di fortuna ad affrontare il mare, in cerca di salvezza. L’arrivo di una misteriosa e magnifica tartaruga rossa, pronta a tutto per impedirgli la partenza, lo metterà a dura prova, per cambiargli, alla fine, per sempre la vita. Arriva l’animazione alla “Un Certain Regard” con La Tortue rouge, il primo lungometraggio del regista olandese Michaël Dudok De Wit. Prima produzione europea dello Studio Ghibli, la breve opera di Dudok De Wit (durate essenziale, nessuna parola, solo suoni e immagini) ha dalla sua, l’affascinante capacità di unire, in una calda e riuscita fusione, i pregi visivi e ideologici di due cinematografie d’animazione diverse. La Tortue rouge, infatti, se per la caratterizzazione estetica dei personaggi guarda al tratto nordeuropeo di maestri come Hergè (il pensiero arriva immediato a Tintin), nel suo afflato favolistico, nella sua pura anima “ecologista”, mostra più di un debito allo spirito e alla tradizione d’impegno dello Studio Ghibli. Vicino per impostazione visiva e per rarefatta poesia più a La storia della principessa splendente che alle ricche pellicole di Miyazaki, La Tortue rouge è un’opera che pur con il suo breve respiro, ha la pazienza di raccontare una semplice e commovente storia, dove emozioni e sentimenti, come l’abbandono, la paura, la morte e la calma felicità, possono essere espressi solo dai disegni e colori luminosi piuttosto che da tante pesanti e scontate parole. Il film di Dudok De Wit ha comunque un messaggio politico decisamente importante, ma la grazia di non urlarlo contro lo spettatore e l’intelligenza di saperlo veicolare nel modo più naturale possibile, permette a esso di arrivare al pubblico con una lenta ma implacabile forza.

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