#Cannes2016 – Omor Shakhsiya (Personal Affairs), di Maha Haj

I percorsi sentimentali rimangono aperti rimandando a un bozzettismo incompleto ricorrente in tutte e tre le storie di questo esordio simpatico ma ancora imperfetto. Un certain regard

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Una famiglia palestinese. E tante storie che si dipanano al suo interno tra Nazareth, Ramallah e… la Svezia. Abbiamo la coppia di genitori che non comunica piu e forse ha smesso di amarsi, incastonata nel silenzio di inquadrature statiche e geometriche quasi come i personaggi di un film di Kaurismaki. E poi ci sono i figli. Il medico che vive in Europa e che da lontano cerca di far riappacificare i genitori organizzando una settimana di vacanze nello splendore di un lago scandinavo. Tarek, dalle idee anticonformiste, che scrive piece ed è incerto se amare la bella ma rigida Maissa. E la figlia incinta, sposata con l’affidabile George, il quale non ha mai visto il mare e pur di farsi un bagno è pronto a rinunciare alla parte di attore in un grande film americano. Alla sua opera prima la regista Maha Haj lavora sulla semplicità del quotidiano, inserendo qua e la elementi grotteschi (la falsa morte della nonna) e musicali (il tango ballato da Tarek e Maissa davanti ai vigilanti israeliani). Non mancano riferimenti alla difficile realtà politica della propria terra, che esplodono soprattutto nella seconda parte, ma sono principalmente i rapporti di coppia i protagonisti di questo affresco semiserio sui cambiamenti generazionali e culturali all’interno della Palestina contemporanea. Sullo sfondo i social media come elemento dichiaratamente straniante della quotidianità, verso un cambiamento che crea un conflitto tra vecchi e nuovi valori. Personal Affairs non ha ambizioni smisurate. Questo sarebbe un bene se solo la Haj riuscisse a mantenere viva l’attenzione emotiva alle vicende dei personaggi. Troppe cose si perdono nei 90 minuti di durata. I percorsi rimangono aperti senza avere l’impronta della libertà narrativa, ma rimandano invece a un bozzettismo incompleto ricorrente in tutte e tre le storie di questo esordio onesto e simpatico ma ancora imperfetto.

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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