#Cannes2016 – The Nice Guys, di Shane Black

Shane Black si accontenta di girare a vuoto ammiccando a un’intera stagione di cinema decuplicandone l’effetto ironico e vintage…accontentiamoci di un sempre grande Russel Crowe

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Si inizia col botto. Vedere sui titoli di testa “prodotto da Joel Silver e scritto da Shane Black” fa un certo effetto, va da sé. Se ci mettiamo poi che nella prima sequenza si assiste alla morte (un suicidio?) di una bellissima ragazza alla periferia di Los Angeles… beh, i déjà vu di Arma Letale diventano veramente un po’ troppi. E allora: che l’operazione nostalgia abbia inizio. Questa volta, però, alla regia non c’è il vecchio Richard Donner (e ci manca) ma è lo stesso Black che prende le redini della sua sceneggiatura e ci accompagna (guarda caso) nella costruzione di una nuova coppia di protagonisti: due investigatori privati squattrinati nelle familiari ambientazioni del buddy movie metropolitano “come si faceva una volta”.

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Siamo alla fine degli anni ’70. La morte della ragazza (una pornoattrice molto famosa) e la scomparsa di una seconda (Amelia, figlia della potentissima procuratrice interpretata da Kim Basinger) producono una reazione a catena: Jackson Healy (Russell Crowe) e Holland March (Ryan Gosling) ne sono coinvolti in prima persona e devono assolutamente trovare Amelia per risolvere il mistero. E anche il mcguffin giusto è presto servito.  L’unico problema, allora, è che il film risulta sin troppo consapevole dell’operazione che sta tentando immergendoci in un mood vintage che passa dalle ormai classiche battute su Nixon come fantasma di ogni cospirazione americana, sino al repertorio televisivo anni ’70 come archeologia del nostro immaginario; dall’esplosione dei porno movie che invadono le sale, alla nascita dell’era dei sequel (il cartellone in bella vista di Jaws 2) come nuova ricetta di riciclo cronico del cinema. Questi due personaggi sembrano veramente i reduci di una Hollywood che non esiste più, con Gosling che tenta in tutti i modi di ostentare una bella recitazione al cospetto della sua scatenata figlioletta e Crowe (un’arma letale ormai imbolsita e goffa) che sembra l’unico veramente a suo agio in questa deriva cronica dei segni: la sua malinconia esibita e il suo passato che ogni tanto riaffiora sono le uniche scintille di calore in questo Nice Guys. Perché, per il resto, di quegli abissi di umanità che svicolavano dai rutilanti action movie anni ’80 (Martin Riggs o John McClane insegnano) resta purtroppo ben poco.

niceguysE allora: a Shane Black, oggi, non interessa minimante tentare di dare ancora azione a quelle atmosfere (come tenta di fare, e bene, John Hilcoatt in Codice 999) e non intende nemmeno serigrafare un’epoca tentando di farla sopravvivere nei sentimenti di nuovi personaggi (come tenta di fare, e bene, J. C. Chandor in A Most Violent Year), ma si accontenta di girare a vuoto ammiccando a un’intera stagione di cinema e decuplicandone a dismisura l’effetto ironico e citazionista. Perchè “il tempo dei ladies and gentlemen è finito!”, dice Ryan Gosling commentando gli sproloqui di un ragazzino. Il risultato è un film divertente, a suo modo sincero, che strappa più di una risata ma che alla fine risulta alquanto stanco nelle ricette spettacolari e un po’ sterile nelle forme in cui le ri-proprone. Rimangono gli echi dei vecchi buddy movie però, rimane il piacere di un cinema fatto di volti e corpi senza superpoteri, rimane lo sguardo sornione di Russell Crowe che (ci) ricorda l’etica dei Marlowe che furono. Forse non è molto, ma ci si può accontentare.

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