#Cannes2019 – Incontro con Arnaud Desplechin per Roubaix, une lumière

Il cineasta francese ha presentato oggi in concorso il suo nuovo film, un noir che vede protagonisti Roschdy Zem, Léa Seydoux, Sara Forestier e Antoine Reinartz.

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Arnaud Desplechin ha presentato oggi in competizione il suo nuovo film, Roubaix, une lumière, un noir su un commissario che durante la notte di Natale cerca di risolvere un caso di omicidio e che vede protagonisti Roschdy Zem, Léa Seydoux, Sara Forestier e Antoine Reinartz.

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“Dopo I fantasmi d’Ismael, che era un fuoco d’artificio della finzione, mi interessava fare un film che fosse basato esclusivamente su fatti realmente accaduti. Da una parte avevo voglia di filmare la mia città natale. Dall’altra mi sono basato su fatti successi una quindicina d’anni fa. il film è, al tempo stesso, un ritratto di Roubaix e del commissatrio Daoud. Gli ambienti sono quelli. E ho mescolato attori professionisti e non per accentuare il realismo”. L’ispirazione arriva anche da un documentario del 2002 di Mosco Boucault. “Ho desiderato incontrare il regista di questo documentario che ammiro molto. E mi sono basato molto sul lavoro di Boucault”. Si sofferma poi sul modo di interpretare il film: “In questo polar non bisogna chiedersi perché accadono i fatti ma occorre porre l’accento sul come. Il perché comunque me lo sono chiesto molte volte mentre scrivevo. Le mie protagoniste sono certamente giudicate ma poi si recupera comunque la loro umanità. Sono degli esseri umani anche se hanno fatto delle sciocchezze”.

Al tempo stesso Roubaix, une lumière è anche un film politico: “Attraverso il genere, il noir, la mia intenzione è stata quella di parlare della Francia di oggi. Per me il genere è un modo per abbracciare un’epoca. Non bisogna avere paura del reale e di rappresentarlo”. Sul fatto che il film è un noir, non ha dubbi: “Non è un poliziesco, anche se è stato presentato in questo modo. Ha invece tutti i codici del noir, proprio nel modo come lo intendono gli americani. Ma è anche un po’ tragedia e un po’ melodramma. Solo che rispetto a quest’ultimo genere, ho troppa pietà per le mie protagoniste”.

Per quanto riguarda i riferimenti letterari, viene in mente Delitto e castigo di Dostoevskij soprattutto per la tensione nelle scene in commissariato che prevalgono sull’analisi delle vittime e del crimine: “L’ho letto quando ero molto giovane e poi molti anni dopo. Ma ho vietato a me stesso di farlo mentre stavo scrivendo la sceneggiatura”.

Ci sono anche precise fonti d’ispirazione cinematografiche: “Si, la mia mente va ad alcuni film come Il ladro di Hitchcock. Ma ho pensato anche a Melville. Poi, mentre stavo lavorando alla sceneggiatura, Sara Forestier mi ha mandato una foto di M.me Falconetti, la Giovanna d’Arco di Dreyer”. Ma c’è soprattutto un riferimento insospettabile: “Tutti i film di Wiseman sono estremamente importanti per me. Nei suoi documentari, mentre filma le istituzioni, è riuscito a raccontare l’America. Inquadra i suoi personaggi in modo incredibile, come nel film sulla polizia (Law and Order) o sulla sicurezza sociale (Welfare)”.

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