#Cannes2019 – The Staggering Girl, di Luca Guadagnino.

Un cortometraggio che omaggia la moda e il cinema. Una Cosa piccola e preziosa, magnificamente astratta. Quintane des realizateurs.

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Alla ricerca del tempo perduto. Dei vestiti indossati, immaginati o ricordati. Ecco un cinema che si nutre di oggetti e sensazioni senza perdere di vista l’intensità dell’emozione. Ecco il cinema di Luca Guadagnino, elegante, avvolgente, stavolta breve (37′) ma incredibilmente “pieno”. Sembrerebbero lontanissime nel budget e nelle dimensioni le due ore e trenta del precedente Suspiria, ma in realtà siamo ancora dentro un sogno stregonesco al femminile dove tempo e spazio si mescolano in una continua reminiscenza tattile e percettiva. Il giallo, il rosa, il rosso. Pedinamenti, feste in giardino, suoni, tele bianche riempite di colori. Da New York a Roma. Dal mondo della pubblicità a quella del prodotto autoriale si cerca l’intersezione di una grande bellezza onirica, fuori dal tempo.

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Alla base c’è l’incontro tra il regista italiano e Pierpaolo Piccioli, direttore creativo della maison Valentino. Ne è venuto fuori un cortometraggio che omaggia la Couture (la presenza di capi di Alta Moda Valentino è elemento estetico e narrativo) e ruota intorno a un personaggio femminile Julianne Moore e al suo rapporto con la madre. La narrazione è volutamente antilineare ed è figlia di una sceneggiatura di Michael Mitnick (Vynil, The Current War) che sembra omaggiare anche molto cinema italiano del passato. Ed è una suggestione che coinvolge anche la partitura musicale di Ryuichi Sakamoto, che in alcuni passaggi pare riconnettersi alla musica degli anni ’60 (Ritornerai di Bruno Lauzi?). Da New York a Roma, The Staggering Girl si muove da qualche parte tra la giovinezza e la vecchiaia, dando vita a una narrazione per immagini che si espande attraverso tutta una serie di luoghi e figure fantastiche (Kyle McLachlan, Marthe Keller, Kiki Layne, Mia Goth, Alba Rohrwacher). Che sia realtà o immaginazione, passato o presente, Guadagnino sembra stabilire una volta ancora l’importanza degli oggetti e della moda nella definizione della nostra identità e della nostra memoria. E si cimenta in un esperimento laboratoriale sui colori, le stoffe, gli interni, il metacinema, le luci di Roma e il primo piano femminile. Una “cosa” piccola e preziosa, magnificamente astratta, che finisce con l’esplodere di magia e passione in ogni fotogramma.

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