#Cannes68 – Un etaj mai jos, di Radu Muntean

Tra realismo e thriller domestico. Ad Un certain regard viene presentato il teso ed efficace film rumeno dove un uomo qualunque si ritrova vittima del fatto di essere l’unico testimone di un delitto

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Come in gabbia. Chiuso negli spazi troppo stretti, negli sguardi degli altri, in una paura inconscia che comincia ad assalirlo. Patrascu è stato infatti l’unico testimone di una lite domestica degenerata in omicidio. Da quel momento si trova faccia a faccia con dei vicini di cui uno di questi è l’assassino. Inizia in un parco con il protagonista che sta allenando il proprio cane ma poi Un etaj mai dos si chiude in luoghi stretti: la stazione di polizia, le scale del condominio. La parola e le situazioni si caricano spesso di una sottile ambiguità. E soprattutto Patrascu si trova come circondato dalla situazione dove da elemento passivo diventa attivo e sembra che attorno a lui passano gli eventi più importanti.

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Muntean utilizza spesso inquadrature fisse dove l’elemento verbale si accumula fino a scoppiare e, sotto questo aspetto, in Un etaj mai dos, si rintraccia un parallelismo con Una separazione di Farhadi. Ma se ne distanzia per il modo di partire da un evento quotidiano per poi trasfigurarlo e trasformarlo come una sorta di incubo. Dove Patrascu sembra combattere con il proprio demone che potrebbe essere rappresentato dal suo doppio.

Radu Muntean, qui al quarto lungometraggio, ritorna a Cannes sempre a Un certain regard cinque anni dopo Marti, drupa craciun (Martedì, dopo Natale) dove ancora una volta l’uomo si trova davanti alle situazioni che ha volontariamente o involontariamente generato. Il film scivola abilmente nelle pieghe di un thriller domestico (il telefono che squilla, la luce delle scale che si spegne) dove le azione non vengono intenzionalmente risolte. E anche i rumori della strada, della strada sembrano amplificarsi. Rumori reali ma che vivono anche nella testa del protagonista. Del resto l’elemento uditivo in Un etaj mai dos è fondamentale proprio già dal momento in cui il protagonista, dall’inizio, ascolta la litigata dalla porta. Quello che avverte è vero, è prodotto dalla sua immaginazione o entrambe le cose? Muntean lavora continuamente di sottrazione ma poi trova il preciso punto drammatico dove esibire la tensione, nella rissa in officina. Un cinema diretto ma che è anche ossessione mentale, che conferma la vitalità del cinema rumeno come lo vediamo nei maggiori festival internazionali.

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