Capri-Revolution. Incontro con Mario Martone e il cast del film

Nelle sale dal prossimo 20 dicembre il film che – per stessa ammissione del regista – sembra l’ideale conclusione di una trilogia iniziata con Noi credevamo, proseguita poi con Il giovane favoloso

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Dopo il fortunato passaggio alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia, è stato presentato oggi Capri-Revolution, nuovo film di Mario Martone nelle sale dal prossimo 20 dicembre.
Un film che – per stessa ammissione del regista – sembra l’ideale conclusione di una trilogia iniziata con Noi credevamo, proseguita poi con Il giovane favoloso.
Trait d’union tra le tre storie è l’idea di movimento, di mutamento continuo che è alla base del personaggio principale di Capri-Revolution, la giovane Lucia interpretata da Marianna Fontana.
«E’ un film in cui il molto piccolo ed il molto grande vanno in conflitto – ammette Martone –  del resto nasce da Leopardi e sembra quasi una prosecuzione del finale di Il Giovane Favoloso»
In fase di sceneggiatura, firmata dal regista assieme ad Ippolita Di Majo, è sorta l’esigenza di voler raccontare una storia al femminile, fatto reso ancor più interessante dalla scoperta di una comune che si basò a Capri poco prima della Grande Guerra.
«In una cornice del genere – dice Ippolita Di Majo – immaginare un personaggio come quello di Lucia vuol dire  poter immaginare una storia di trasgressione da parte di una donna molto giovane che si oppone ad una famiglia patriarcale come lo erano quelle del tempo.  Significa immaginare una donna che si innamora di un’utopia, si innamora dell’alterità totale, va incontro a qualcosa di ignoto e libero. Alla fine però riesce a trasgredire anche quell’utopia. Prende dalla comune ciò che poteva prendere, ma poi lo fa suo e va oltre».

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Martone ammette di aver concepito una storia fortemente politica, ma non nel senso di lavoro d’impegno civile, quanto piuttosto di film che accetta la diversità e la elegge a necessaria evoluzione delle cose. Il tutto è probabilmente accentuato dal clima di paura che si respira in Italia ed Europa, di questo ne è cosciente, come è altrettanto conscio del fatto che certi rigurgiti possono essere placati anche e soprattutto con la medicina dell’arte: «L’arte è un processo collettivo che riguarda tutti, anche chi pensa di esserne totalmente estraneo. Stare in una sala davanti ad uno schermo significa incontro, movimento. Quando si legge un libro c’è un movimento interiore, ed è proprio ciò che ci rende vivi. In un tempo del genere questa energia va continuamente riproposta. Perché tutto è irrigidito, non si può andare più in un sacco di posti! Si sono irrigiditi i confronti, ogni confronto tra le persone diventa irrimediabilmente aspro. Ma ricordiamoci sempre che, come diceva Joseph Beuys – in filigrana nel film –  ogni essere umano è un artista».

A testimonianza di quanto le diverse maestranze artistiche abbiano collaborato alla realizzazione del film, Martone ricorda poi il contributo prezioso del musicista tedesco Apparat per la colonna sonora, ma anche il profondo lavoro di immedesimazione nel personaggio realizzato da Marianna Fontana, impegnata per mesi in un seminario che le insegnasse come mungere le capre.
«Del resto Lucia è anche un omaggio alla Anna Magnani de L’amore di Roberto Rossellini. Perché i riferimenti a cui Capri-Revolution si è appoggiato sono molti, moltissimi. Ci sono i ragazzi liberi e nudi di Zabriskie Point, c’è tanto de Il disprezzo di Godard, ma anche e soprattutto c’è il vegetarianesimo di Tolstoj. Non sono vegetariano ma capisco che per le prossime generazioni essere vegetariani sarà sempre più una scelta politica, figlia di decenni di consumismo sfrenato».

Ma soprattutto nel film ci sono le esperienze artistiche di Joseph Beuys, tedesco che elesse la Campania a sua terra d’adozione, c’è la sua idea di complessità: «la complessità è un motore creativo. Non giriamoci intorno, stare al mondo è complesso e non si può pensare che per risolvere i problemi basti tagliare con l’accetta le questioni, con quattro frasi superficiali buttate lì. Anzi, il dubbio è motivo di crescita e se il diverso è visto come un nemico allora si retrocede. Lo dicevano pure Gramsci e Leopardi!».

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