Caro diario, di Nanni Moretti

Teoricamente l’8½ di Moretti. Con il cuore di Effetto notte di Truffaut. Autobiografismo di sconvolgente intimità, esempio unico nel cinema italiano. Miglior regia a Cannes. Stasera, ore 21.10, La 7

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“VOI gridavate cose orrende e violentissine e VOI siete imbruttiti. Io gridavo cose giuste e ora sono uno splendido quarantenne”.

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Forse l’ di Nanni Moretti. Senza nesun filtro come poteva essere Guido Anselmi/Marcello Mastroianni per Federico Fellini. Anche in questo caso, entrambi i film sono stati realizzati sulla soglia dei 40 anni; Fellini ne aveva 42 quando lo stava girando, Moretti li stava compiendo poco prima dell’uscita. In entrambi i casi c’è un film da fare. E il cineasta non solo in cerca d’ispirazione, ma lascia avvertire anche tutta la fatica, l’ansia, il terrore del set. era un film che non prendeva forma malgrado la presenza di un cast già pronto e una scenografia già costruita che poi veniva distrutta. Ma della storia nessuna traccia. Praticamente come in Caro diario. Non è soltanto una confessione in prima persona, con la voce off che s’intreccia con Moretti che guarda in macchina. Forse Guido Anselmi per Moretti poteva essere Michele Apicella, la sorta di alter-ego che lo aveva accompagnato da Io sono un autarchico. Ma Caro diario è una cosa completamente diversa e rappresenta, ancora oggi, quasi un esperimento unico nel cinema italiano. Per il modo in cui si mette in gioco, per come vorrebbe creare dialoghi immaginari e attende risposte dallo spettatore; cerca infatti, attraverso il cinema, un feed-back da platea teatrale. Per questo il titolo francese è ancora più bello, Journal intime. Perché mostra un’intimità e un’intensità emozionale a tratti non sostenibile. Per come procura i brividi senza cercare mai di commuovere. Con nessun mezzo.

caro diario nanni moretti renato carpentieriTutto sul frammento. Tre episodi. 1) In vespa; 2) Isole; 3) Medici. Nel primo Moretti gira per una Roma deserta ad agosto in Vespa. Nel secondo va a trovare il suo amico Gerardo alle Eolie alla ricerca dell’ispirazione per il suo film. Nel terzo racconta la sua malattia attraverso i medici che lo hanno visitato.

Tutti gli appunti sul film. C’è la carta (copertine, ritagli di giornali, il diario appunto, ma anche le vere ricette mediche con Moretti che gira un documentario su se stesso partendo dall’ultima seduta di chemioterapia). Però poi c’è anche la voce. E soprattutto un nomadismo molto Nouvelle Vague, proprio come sarà quello di Michel Piccoli attraverso Roma in Habemus Papam. Dove il protagonista è sommerso dai rumori, dalla vita che pulsa attorno a lui. C’è il viaggio attraverso Roma nel primo episodio, le Eolie (da Lipari ad Alicudi passando per Salina, Stromboli e istantanea sosta a Panarea). E che ha una libertà incredibile. Le panoramiche sulle case dei quartieri rappresenta un trattato architettonico su Roma come pochi altri hanno saputo fare, forse Fellini appunto con La dolce vita. Nel secondo invece si avverte fisicamente la presenza degli elementi naturali dei luoghi, ma anche quel senso di oppressione e chiusura momentaneo, soprattutto in uno degli episodi più divertenti del film, quello dei figli unici che hanno preso in mano il controllo delle famiglie (un riciclaggio del caro diario morettibambino viziato dell’ex-sacerdote di La messa è finita) che culmina nell’immagine degli adulti adulti disperati al telefono, con la persona che si inginocchia in profondità di campo e sottolineato dalla musica sempre più incalzante di Nicola Piovani. E infine nell’episodio Medici c’è tutta una fisicità contagiosa. Sembra di sentire il prurito addosso. E poi il tempo della paura. Quello racchiuso nell’ellissi tra le radiografie e la frase di Moretti. “Per fortuna, si erano sbagliati”. Con la chiusura con uno dei finali più belli del cinema italiano. Moretti che guarda in macchina sorridendo con un bicchier d’acqua sulle note di Inevitabilmente di Fiorella Mannoia. Tutti i pensieri passano attraverso quell’immagine. Tutte le passioni e gli odi cinematografici, dal balletto di Anna di Alberto Lattuada, l’incontro con Jennifer Beals (e Alexandre Rockwell) ad alcuni film su cui non siamo d’accordo come Henry – Pioggia di sangue di John McNaughton, Il pasto nudo di David Cronenberg e Cuore selvaggio di David Lynch. Fino a quell’omaggio a Pier Paolo Pasolini dove il tempo perde le sue coordinate. Che potrebbe durare anche all’infinito per quanto lascia il segno. Con la macchina da presa che sta a maggiore distanza dalla Vespa. Con un pudore che ha qualcosa di miracoloso. Perché qui c’è tutta una voglia di vivere epidermica, contagiosa. Con  tutte le gioie e tutti i dolori. Ma senza risparmiarsi neanche un secondo.

Si, forse teoricamente Caro diario – premiato con la Palma per la miglior regia al Festival di Cannes del 1994 –  è l’ di Nanni Moretti. Con il cuore di Effetto notte di François Truffaut. “La lavorazione di un film somiglia al percorso di una diligenza nel Far West: all’inizio uno spera di fare un bel viaggio, poi comincia a domandarsi se arriverà a destinazione“.

 

Regia: Nanni Moretti
Interpreti: Nanni Moretti, Renato Carpentieri, Antonio Neiwiller, Moni Ovadia, Jennifer Beals, Alexandre Rockwell, Raffaella Lebboroni, Marco Paolini, Claudia Della Seta, Lorenzo Alessandri, Valerio Magrelli
Distribuzione: Cineteca di Bologna
Durata: 95′
Origine: Italia 1993
Genere: commedia/biografico

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4.4 (10 voti)
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