Chocò, di Jhonny Hendrix Hinestroza


Hinestroza racconta la storia della sua Colombia attraverso quella di Chocò, mostrandoci il percorso a ritroso della sua rinascita, simbolo del possibile riscatto del Paese. Alterna la sua quotidianità fatta di violenze e umiliazioni al vigore e alla forza della natura incontaminata, utilizzando un taglio a tratti documentaristico arricchito dall'uso simbolico del montaggio e delle musiche

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La pellicola, presentata alla Berlinale e al Milano Film Festival del 2012, è il primo lungometraggio del regista e produttore Jhonny Hendrix Hinestroza. Il titolo del film rimanda al nome della protagonista, Chocò, una giovane donna costretta a lavorare nelle miniere d'oro contaminate dal mercurio, madre di due figli, che cresce in una baracca situata lungo il fiume, e moglie di un'aspirante musicista disoccupato con il vizio del gioco e della bottiglia. La promessa di una torta per il settimo compleanno della figlia e i conseguenti sacrifici, morali e fisici, per riuscire ad esaudire quel desiderio, divengono la miccia di un flebile fuoco che cresce in lei lentamente fino a bruciare, come in un rito purificatore, la sua vita passata. 

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Tramite la sua storia, Hinestroza, ci mostra uno spaccato della Colombia (non a  caso il nome della protagonista è lo stesso del distretto colombiano nel quale vive) e proprio grazie ai suoi tentativi di trovare i soldi necessari per comprare il dolce veniamo a contatto con l'ambiente che la circonda e che ne ha influenzato vita e scelte. Un paese ricco di materie prime ma piegato da corruzione e miseria, nel quale la donna vive in uno stato d'inferiorità socio-culturale, la discriminazione delle minoranze razziali è fortemente radicata nella popolazione e lo sfruttamento del corpo e del lavoro è la norma. Proprio Chocò con la sua umile tenacia è il seme del cambiamento possibile. In un'ambiente che le ha insegnato ad avere solo doveri e nessun diritto, si ribella e blocca quella sistematicità di soprusi ed umiliazioni per rivendicare la sua libertà d'azione e per mostrare ai figli un'alternativa ad uno stile di vita che sebrava già averli contaminati. Hinestroza costruisce il film alternando le immagini della dura vita di Chocò, tra il lavoro in miniera e le violenze domestiche, a quelle della natura incontaminata della foresta pluviale, utilizzando uno stile di ripresa a tratti documentaristico che gode della fotografia lucente di Paulo Pérez. Evocativo è l'uso delle musiche, presenti in ogni sequenza, con ritmi tribali che sottolineano le origini africane degli abitanti del distretto, che si allacciano alle scene iniziali e finali del film, rispettivamente un canto funebre e una festa religiosa. Proprio questi due momenti di morte e celebrazione sono il simbolo della vita di Chocò che sembra scorrere al contrario. Dall'iniziale stato di sottomissione vediamo compiersi il rituale della sua rinascita. Nonostante un budget ridotto e una sceneggiatura asciutta, Hinestroza, riesce a costruire una pellicola valida, utilizzando la macchina da presa come lente d'ingrandimento e denuncia sociale, servendosi della storia di Chocò come personificazione di una realtà sviscerata su più livelli.

 

Regia: Jhonny Hendrix Hinestroza

Interpreti: Karent Hinestroza, Esteban Copete, Fabio Restrepo, Daniela Mosquera, Sebastian Mosquera
Origine: Colombia, 2012

Durata: 80'

Distribuzione: Cineclub Internazionale Distribuzione

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