Cinema, una ferita italiana (2): il dibattito continua…risponde il regista del film “Tortora, una ferita italiana”

Cinema e politica, fino a che punto la politica può spingersi nell’interagire con la gestione culturale? E’ il tema che abbiamo lanciato con un nostro editoriale, nel quale sono intervenuti diversi lettori su Twitter, e al quale ha risposto con una lettera Ambrogio Crespi il regista del film che ha creato il “caso”, che volentieri pubblichiamo per i nostri lettori. Insieme, ovviamente, alla nota ufficiale del Festival di Roma

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L’editoriale di domenica scorsa, “Cinema, una ferita italiana”, ha suscitato diverse reazioni, in particolare in rete, dove su Twitter si sono alternate voci di plauso a quelle che ponevano dubbi e questioni. Infine ci è pervenuta una lettera del regista del film “caso”, Ambrogio Crespi, che volentieri pubblichiamo per i nostri lettori. A integrazione del tutto pubblichiamo, doverosamente, anche la nota ufficiale del Festival sul film in questione.

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Solo una nota, sulla lettera di Crespi, riguardo al suo “disappunto per le considerazioni fatte nell’articolo, da voi pubblicato, sulla mia vicenda giudiziaria”: non abbiamo fatto alcuna considerazione, né sulla persona, né sul film, né tantomeno sulla vicenda giudiziaria. Il caso ci interessa esclusivamente per il conflitto politica/cultura, e per noi è irrilevante quale sia il film o l’autore che non è stato selezionato dal Festival. Nell’articolo ci siamo limitati a fornire al lettore alcuni link di riferimento, se fossero interessati ad approfondire la vicenda, umana e giudiziaria, del regista. Pertanto ribadiamo che non abbiamo fatto alcuna considerazione sul caso giudiziario di Crespi, che lasciamo a chi si occupa giornalisticamente di questi argomenti. Noi ci occupiamo di Cinema. (f.c.)

 

Cinema una Ferita italiana: il dibattito su Twitter

Ecco alcuni dei tweet che hanno risposto al nostro editoriale:

Cinema una Ferita italiana: la lettera del regista Ambrogio Crespi

Egregio direttore

In relazione all’editoriale “Cinema, una ferita italiana”: pur ritenendo legittima qualsiasi opinione, reputo che – quando questa è fondata su forzature o su cose non vere – non faccia onore a chi la scrive e a chi la pubblica.

In generale, condivido la necessità di un’autonomia delle scelte artistiche, di Muller, o di chiunque altro. Ma vorrei ricordarle che da parte dei responsabili del Festival del Cinema di Roma non mi sono mai state comunicate valutazioni artistiche, né tecniche. Salvo poi trovarle “sussurrate” in seguito, come presunta motivazione dell’esclusione del film dal festival.

Certo, un conto sono le intrusioni della politica, che a volte vengono subite, altro è invece il guadagnarsi l’autonomia sul campo. Molto spesso alcuni discorsi rappresentano astrazioni ammantate d’ipocrisia e lasciano il tempo che trovano. Di fronte ad un no immotivato o a delle motivazioni tardive, alcuni parlamentari hanno chiesto al Presidente della Camera, Laura Boldrini, e oggi al Presidente del Senato, Piero Grasso, di trasmettere il mio film in Parlamento con una proiezione speciale. Questa non mi sembra un’interferenza ma un atto legittimo delle istituzioni. Altri hanno chiesto che il film venga trasmesso dalla Rai. E anche questo non mi sembra un atto sovversivo. Anzi, forse sarebbe dovuta essere proprio la Rai a pensare ad un documentario su Enzo Tortora nella ricorrenza del trentennale del suo arresto e del venticinquennale della sua morte.

A voi, però, questo non interessa. Perché voi siete i tutori del buon cinema, del politicamente corretto, della fermezza morale, di chi non accetta compromessi, anche se poi rischia di diventare strumento di consorterie da accademia di stile, che si perdono nella specializzazione e nel tecnicismo. Perché è vero che il mondo del cinema dovrebbe rivoltarsi alle intrusioni, ma di quali intrusioni stiamo parlando? Di una proiezione o dell’accettare che queste manifestazioni siano finanziate con i soldi pubblici e dirette da persone nominate dai politici? Cosa vuol dire che “bisogna lasciar fare le cose a chi le fa per competenza”? Come si fa a catalogare questo prodotto come strumento di una lobby senza averlo visto e senza aver chiesto di vederlo?

Voglio infine corrisponderle il mio disappunto per le considerazioni fatte nell’articolo, da voi pubblicato, sulla mia vicenda giudiziaria, riportando e citando articoli ormai datati, che non hanno seguito l’evolversi di una vicenda che ha segnato la mia vita. Considerazioni che tradiscono una certa arroganza, di cui spesso ho pagato il prezzo in prima persona, oltre ad una sommarietà di cui tutti, alla fine, sono chiamati a rendere conto.

Ambrogio Crespi

 


Cinema una Ferita italiana: la nota ufficiale del Festival di Roma

Festival Roma: opera su Tortora fuori da nostro regolamento (ANSA) – ROMA, 31 OTT

''Dall'inizio del 2013, i selezionatori del Festival Internazionale del Film di Roma hanno visionato 2620 film provenienti da 76 paesi, 1542 lunghi e 1078 corti. Le opere di formato televisivo in particolare quelle nello stile del reportage documentario, ancorche' interessanti, non sono contemplate dal regolamento del Festival''. Questa la risposta ufficiale del Festival di Roma alle richieste, venute da piu' parti, del documentario di Ambrogio Crespi dedicato ad Enzo Tortora sul perche' sia stato rifiutato dalla manifestazione. ''Nelle selezioni del Festival – continua la nota – si sono privilegiati i nuovi modi di racconto del cinema della realta' e la ricerca linguistica sul grande schermo''.

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    2 commenti

    • Bella lettera, sul serio! Ma di che parla? Siccome i soldi sono pubblici i politici, che già nominano i responsabili, hanno il diritto anche di fare le veci dei selezionatori? E allora io giovane filmmaker che non ho "santi in parlamento" come faccio a sostenere il mio film? Facciamo la caccia ala parlamentare? Bravo Chiacchiari ad averlo denunciato, che schifezza!

    • Mi sembra un dibattito tra sordi. Il regista che pretende di essere selezionato per forza, il festival che si trincea dietro regolamenti formali (dite che non vi è piaciuto e fate prima). Sentieri che pretende venga rispettata l'autonomia culturale di un Festival che è il più "politico" che esiste in Italia da quando è nato. Dove sta la verità e il senso? Ok la politica stia fuori dal cinema e dalla cultura, ma da dove cominciamo? Chi stabilisce i limiti di intervento e come? Siamo arrivati al punto che ormai la politica è in ogni luogo, come un cancro esteso con le sue metastasi. E se amputassimo l'arto malato?