CINEMASIA – Eco-slapstick: Stephen Chow e le sirene

Dopo il clamoroso successo del precedente Journey to the West, Stephen Chow punta su una favola ecologista per conquistare la Cina. Rubrica a cura di www.asiaexpress.it

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Stephen Chow è stato l’irresistibile cantore della commedia cantonese di fine millennio, prima in veste di attore, poi di autore, con il graduale passaggio alla regia. Con lungimiranza, è da tempo che Chow sta lavorando per trasferire quella verve e passione sul suolo della Repubblica Popolare Cinese. L’innesto ha definitvamente attecchito nel 2013, quando Journey to the West: Conquering the Demons è diventato campione d’incassi. The Mermaid è un’ulteriore conferma del suo acume, con una scrittura in grado di conquistare un pubblico diversissimo da quello di Hong Kong. Tanto che il film è diventato nel giro di poche settimane l’incasso più alto della storia del cinema cinese, in uno scontro diretto con l’altro blockbuster cinese The Monkey King 2, sempre diretto da un hongkonghese doc come Soi Cheang. Il tema di fondo è qui quello ecologista – l’hubris distruttrice umana contro il mondo naturale. Ma nonostante si inserisca perfettamente all’interno del cambio di rotta verso una maggiore sostenibilità e responsabilità da parte del governo cinese (e forse anche per questo ha trovato la giusta eco nel pubblico locale), rimane un semplice pretesto, piuttosto didascalico, fin dagli inserti documentari iniziali.

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stephen chow the mermaidL’intreccio è limitato al classico incontro improbabile tra un lui e una lei appartenenti a due mondi distinti che sconvolge le loro vite. Liu Xan è un miliardario sprezzante che acquista per una cifra astronomica un’isola incontaminata ritenuta riserva naturale di specie acquatiche in via d’estinzione. I suoi rivali sono stupiti dell’affare poco lungimirante, ma lui ha un piano: ha costruito dei sonar all’avanguardia in grado di far allontanare gli animali marini, rendendo di fatto l’isola di nuovo edificabile, e quindi lucrosa. A una festa faraonica in cui è stretto un accordo di sfruttamento delle risorse tra il magnate e la rivale Ruolan, spunta l’allampanata Shan, giovane non invitata. I buttafuori la allontanano, ma lei non si dà per vinta. Shan ha una missione da compiere: in realtà è una sirena, spedita nel mondo degli umani per sedurre Liu Xan e quindi ucciderlo. I sonar del miliardario infatti non stanno solo facendo fuggire i delfini, ma stanno anche uccidendo tutte le sirene. Peccato che Shan abbia un’idea solo molto vaga di come sedurre un essere umano.

the mermaidCome nella migliore tradizione comica del mo lei tau, il nonsense visivo e linguistico spinto alle estreme conseguenze del Chow dei tempi d’oro, la trama è solo un pretesto da sabotare con le trovate farsesche. E in effetti The Mermaid funziona come collante per scenette spudorate. L’incipit nel finto  museo di specie incredibili, episodio (quasi) totalmente slegato dal resto, serve a introdurre il mood: colori sgargianti, recitazione affettata e nessun ritegno nel grado di ingenuità infantile delle gag. Da qui in poi è un susseguirsi a ritmo sostenuto di facce stirate in espressioni gommose, numeri da musical, situazioni surreali rese quotidiane con pochi tratti di caratterizzazione. Se solo alcune delle trovate colpiscono nel segno, poco importa, perché finito un siparietto ce n’è subito pronto un altro. The Marmaid rimane sempre molto prevedibile, e questo è un peccato, ma le gag sui tentacoli del polipo o i disegni del poliziotto intento a immaginare un essere metà umano metà pesce sono destinate a rimanere nel tempo.

the mermaid chowCome nel film precedente, Chow sceglie di fare un passo indietro e limitarsi a produzione e regia. Il ruolo principale è affidato a Deng Chao, l’eunuco Pei Donglai di Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma (2010), che comunque è una sorta di suo clone: il personaggio infatti è costruito sulla persona comica di Chow, con il tema del povero che si costruisce la strada verso il successo e rimane isolato dal mondo che sembra riferirsi alla storia personale di Chow stesso. La controparte femminile è affidata all’esordiente Jelly Lin, che nonostante tenti di imitare le smorfie accattivanti di Shu Qi, rimane piuttosto inespressiva. La scena è perciò rubata dalla femme fatale interpretata da Kitty Zhang (che era giunta alla ribalta proprio grazie al Chow di CJ7, nel 2008) e dal poliposo Show Lo, con l’espressività giusta da caratterista entusiasta. C’è qualche cameo interessante, come un controllato Tsui Hark, ma in questo caso Chow sceglie di puntare meno sul suo solito parterre di volti da commedia, parte della sua scuderia storica, per aprirsi totalmente al modello cinese (il film in effetti è girato in mandarino, e solo in un secondo tempo doppiato in cantonese per l’uscita a Hong Kong).

The Mermaid è un film altalenante, che non scopre nuovi territori dell’artista Stephen Chow, ma che conferma l’evoluzione impetuosa sulla strada di assestamento sul mercato cinese. Ne rimane un film per il nuovo anno lunare ritmato e godibile, a cui manca qualche strappo in più per farsi davvero corrosivo. Dalla vetta del box office, per i prossimi progetti Stephen Chow può ora permettersi di accellerare.

Rubrica a cura di www.asiaexpress.it

TRAILER THE MERMAID

 

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