Cinquanta sfumature di nero, di James Foley

Colpisce la professionalità e la maestria straziante con cui Foley si avvicina a dei personaggi con cui non sembra condividere neanche un’espressione o un dialogo.

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Per avvicinarsi a un’operazione come Cinquanta sfumature di nero, seconda parte di una trilogia iniziata con quel Fifty Shades of Grey che fu presto fenomeno editoriale nato dalla penna della scrittrice E. L. James e successone cinematografico un po’ ovunque grazie all’alone scandaloso da erotic movie, si possono scegliere due approcci comportamentali diversi: quello del critico modesto (da non intendere necessariamente come scarso, bensì come “umile”) e quello del critico ambizioso. Il primo nel corso della proiezione si scoprirà a scrivere su un taccuino parole come illogico, kitsch, estetica pubblicitaria, ridicolo involontario, e così via. Il secondo invece interessato a vincere preconcetti e pericolose forme di snobismo rifletterà da subito sul potenziale antropologico e socioerotico confezionati dall’operazione, penserà alla mercificazione del sesso e dei sentimenti messa a fuoco nella liason morbo(amoro)sa tra il miliardario Christian Grey e la fidanzata “sottomessa” Anastasia Steele e si sorprenderà nel riscontrare nell’assurdità alienante di questa storia d’amore figlia degli anni 2000 qualcosa di “vero”. Il critico modesto sorriderà più volte al cospetto di battute improbabili e di metafore della porta accanto (“stai ancora imparando a camminare, non mettiamoci a correre” risponde Christian alla richiesta di Anastasia di usare strumenti sadomaso più elaborati del solito), il critico ambizioso penserà alla “lezione” di Zalman King e si compiacerà di ritrovare sprazzi di un cinema mezzo noir, mezzo erotico, mezzo melò, mezzo documentario, mezzo di tutto, che nessuno ha più l’ardire di fare.

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cinquanta sfumature di nero dakota johnson jamie dornanIl critico umile alla fine del film si trasformerà in parte in critico ambizioso e sparerà giudizi ad alta voce del tipo: “Tutto qui? era meglio un porno!”. Il critico ambizioso in cuor suo pensa alla stessa cosa, ma in seconda battuta rimarrà stupito dalla capacità di James Foley di staccare sempre quel secondo prima per evitare censure e non cadere nel facile esibizionismo web dei nostri tempi: uno stile a cui non siamo più abituati. E rifletterà a lungo sul fatto che un film del genere sia stato diretto appunto dal grande Foley (A distanza ravvicinata, Who’s That Girl?, Americani, Un giorno da ricordare), di cui ne riconoscerà la professionalità in tante sequenze che nella maggior parte degli spettatori forse passeranno inosservate. Si sorprenderà di riconoscere riferimenti cinefili azzardati ma stimolanti – la scena della festa in maschera che riprende le atmosfere di Eyes Wide Shut ma senza le geometriche freddezze kubrickiane, l’immortale Christian che sopravvive a un incidente aereo come fosse un Vin Diesel dell’alta società (e il poster in camera de Le cronache di Riddick sta lì a dimostrarlo). Apprezzerà infine la convinzione con cui – con una maestria straziante – cerca di avvicinarsi a dei personaggi con cui non sembra condividere neanche un’espressione o un dialogo e che in questo capitolo, dopo conflitti, misteri e scopate, decidono di sposarsi. “È uno sporco lavoro, ma qualcuno doveva pur farlo!” è la prima e unica annotazione che il critico ambizioso digiterà su uno smatphone durante i titoli di coda, al termine dei quali scatta il teaser di Cinquanta sfumature di rosso. Salvate il soldato Foley!

 

Titolo originale: Fifty Shades Darker

Regia: James Foley

Interpreti: Dakota Johnson, Jamie Dornan, Kim Basinger, Tyler Hoechlin, Bella Heathcote, Hugh Dancy, Marcia Gay Harden

Distribuzione: Universal Pictures

Durata: 118′

Origine: Usa 2017

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