Codice 999, di John Hillcoat

Come fatto nel precedente Lawless, Hillcoat rimane sulla superficie del genere che vorrebbe nobilitare, lasciando che il suo film diventi solo una piccola storia di ordinaria criminalità.

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In pochi, di fronte alle storie sbagliate raccontate dalla seconda, splendida, stagione di True Detective hanno avuto la sensibilità di affrontare l’opera di Nic Pizzolatto per quello che era: un lucido compendio sullo status della crime narrative contemporanea. Lo scrittore di New Orleans, in questa sua ambiziosa operazione concettuale, non solo ha avuto il coraggio di riadattare alcuni dei topos fondanti del genere, ma ha avuto la necessaria intuizione di confrontarsi con il padre del noir americano, James Ellroy. Il lavoro di Pizzolatto, dunque, è un massiccio e sincero omaggio alla disperata poetica dell’autore di American Tabloid, dimostrando come sia impossibile, nell’America di oggi, raccontare il crimine tralasciando Ellroy.

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E’ evidente che la stessa impresa derivativa è alla base dell’ultima opera del regista australiano John Hillcoat. La storia di Codice 999, il racconto delle vite violente che gravitano attorno a una serie di rapine spettacolari nel cuore di Atlanta, presenta, infatti, chiaramente, la volontà di rielaborare esteticamente molte delle ambientazioni (una città non troppo dissimile dalla Gomorra losangelina) e molti dei temi della letteratura di Ellroy, portandone in scena quasi fedelmente, addirittura, alcune sequenze e caratterizzazioni. Non è troppo difficile ritrovare nei movimenti rabbiosi di poliziotti corrotti, mafiosi stravaganti o criminali feroci lo spirito della trilogia gialla con protagonista l’agente Llyod Hopkins. Codice 999, dunque, è il nuovo passo di un regista sempre interessato a dare forma alle proprie visioni (estetiche e intellettuali) all’interno di solidi generi stabiliti.

codice 999Come fatto nel precedente bluegrass drama sul proibizionismo Lawless o sull’adattamento dell’apocalisse di Cormac McCarthy The Road, il cineasta non va molto oltre la bella confezione e l’intrigante (sulla carta) progetto produttivo. Hillcoat, infatti, non entra in sintonia con la materia narrativa che vorrebbe nobilitare e rimane sulla superficie di quella che, alla fine, diventa solo la piccola storia nera di ordinaria criminalità. Probabilmente per rendere Codice 999 un’opera davvero decisiva sarebbe servita l’adrenalinica strafottenza di David Ayer o la dura rabbia sociale di Oren Moverman (autori che, non a caso, con La notte non aspetta e Rampart, hanno dimostrato di saper ben sfruttare le trame ellroyane) piuttosto che la rassicurante banalità del regista australiano. L’autore dimostra tutti i suoi limiti strutturali, lasciando che la sua affascinante storia deragli nell’ordinario, nella provocazione posticcia. Codice 999 non entra mai in profondità e si limita a un affresco fatto da rapine scenografiche, dai doppi-tripli giochi scontati e da un cast che, tra nomi pop (Norman Reedus e Aaron Paul sono il furbo tributo al gusto del pubblico televisivo) e grandi star non troppo convinte della propria partecipazione, si regge solo sull’ennesima, grande prova del detective sopra le righe di Woody Harrelson. Non a caso il protagonista di Rampart e True Detective.

 

Titolo originale: Triple Nine
Regia: John Hillcoat
Interpreti: Kate Winslet, Chiwetel Ejiofor, Casey Affleck, Woody Harrelson, Aaron Paul, Gal Gadot, Teresa Palmer, Norman Reedus,Clifton Collins Jr., Anthony Mackie
Distribuzione: M2 Pictures
Durata: 115′

Origine: Usa, 2016

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