"Confidence", di James Foley

A Foley interessa solo il lato metatestuale dell'opera, concepita essa stessa come una delle truffe alla base della vicenda: che il cinema sia un po' come un bidone lo sappiamo da sempre, ma il gioco si spezza se il regista ci tiene a far vedere di saperla più lunga dello spettatore.

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Per fare una truffa bisogna prevedere ogni mossa possibile, nulla deve essere lasciato al caso, tutto deve essere calcolato. Sono parole del protagonista di Confidence, Jake Vig, ma potrebbero essere anche quelle del suo regista James Foley. Che il cinema sia un po' come una truffa, dopotutto, lo sappiamo da sempre: lo spettatore fa la parte del bidonato e il regista quella del bidonatore che programma mosse e contromosse, indizi e controindizi, e spera che qualcuno creda al suo baraccone. Spesso funziona, ma a volte, come in questo caso, il gioco è rovinato dall'ambizione di un regista che ci tiene a far vedere di saperla più lunga di tutti.

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Confidence è il solito film dove niente, in nessun momento, sembra quello che è. È un film sulle truffe, chiaro, e allora è normale che tutti truffino tutti (piccoli truffatori che truffano grandi truffatori truffati: questa è più o meno la trama), ma è anche e soprattutto un film che in ogni suo elemento e momento gioca a tirarsela spudoratamente.


Si parte con un morto che racconta la propria storia in flashback e cita Viale del tramonto e il noir classico. Si continua con una serie di primissimi piani, colori pop, andirivieni temporali, frenetici campi/controcampi e ribaltamenti d'asse che hanno l'evidente scopo di sopperire alla povertà di dialoghi e situazioni. Tutto è citazionista e di seconda mano, ed anche a livello di invenzioni e personaggi – che solitamente sono la ricchezza di film di genere come questo – Confidence  si appropria di stereotipi e meccanismi oliati piuttosto che inventare o rischiare: Dustin Hoffman è il solito boss schizzato e spietato; Edward Burns e la sua banda di truffatori fanno i fichi ad ogni battuta; la bella borseggiatrice è dark come le ladies di un volta ma forse è anche buona; i poliziotti sono corrotti e scemi e il personaggio più strano di tutti è in realtà il meno fesso.


È chiaro che a Foley interessa solo il lato metatestuale della sua opera, ma anche in questo caso si limita a stare in superficie, dimenticando che ogni film su una truffa – ad esempio l'imminente Matchsitick Men di Ridley Scott – è anche un film sulla redenzione del truffatore, sulla morale della menzogna che quasi mai paga e se lo fa è solo per giusta vendetta. Confidence, invece, premia senza ripensamenti Jack e compagni, i quali hanno, si, fregato tutti, spettatore compreso, ma in fondo sono belli, ben vestiti e simpaticamente stronzi. Spiace dirlo, ma quando il cinema americano non è almeno un po' moralista è fragile quanto una truffa mal congegnata.


 


Titolo originale: Confidence
Regia: James Foley
Sceneggiatura: Doug Jung
Fotografia: Juan Ruiz Anchía
Montaggio: Stuart Levy
Musiche: Christophe Beck
Scenografia: William Arnold
Costumi: Raffaella Fantàsia
Interpreti: Edward Burns (Jake Vig), Dustin Hoffman (King), Rachel Weisz (Lily), Morris Chestnut (Travis), Leland Orser (Lionel Dolby), Louis Lombardi (Big Al), Paul Giamatti (Gordo), Brian Van Holt (Miles), Andy Garcia (Gunther Butan), Donal Logue (Whitworth), Luis Guzmán (Manzano),
Produzione: Michael Burns, Marc Butan, Michael Ohoven, Michael Paseornek
Distribuzione: Medusa
Durata: 97'
Origine: Usa/Canada/Germania 2003

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