CONFINO. SentieriSelvaggi intervista Nico Bonomolo

Abbiamo incontrato ad Animaphix, il festival dell’animazione di Bagheria, il regista dell’opera italiana inserita nella preselezione dei cortometraggi animati per gli Oscar 2018

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La notizia è di quelle che non si possono davvero ignorare. Dopo la serie infinita di successi raccolta nei più prestigiosi festival d’animazione internazionali, Confino (2016) di Nico Bonomolo (grazie alla vittoria del Bruce Corwin Award for Best Animated Short Film al 32° Santa Barbara Film Festival) è nella preselezione dei cortometraggi animati per l’Oscar 2018. Indipendentemente dal risultato finale, sembra già uno dei più importanti traguardi per un autore da tempo riconosciuto e apprezzato dal pubblico e dagli addetti ai lavori. Bagherese, classe 1974, ha preferito alla avvocatura la strada impervia della pittura e dell’animazione. Ha presentato ad Animaphix Fuori Concorso il suo cortometraggio Confino accolto da un lunghissimo meritato applauso.
La storia di un artista di ombre cinesi costretto al confino per avere osato prendersi gioco di Benito Mussolini è il pretesto per l’autore per ribadire la dignità di ogni singolo individuo di fronte ai sistemi di potere. Sarà proprio la sua arte a portarlo via da quel luogo di solitudine e di abbandono e a regalargli un altro luogo e un altro tempo per il suo splendido gioco d’illusione. Il cortometraggio è sostenuto da una ispirazione molto forte e da un perfetto equilibrio tra musica e immagini. Il cinema spezza le catene del confino e regala uno sguardo libero verso le stelle.

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La prima domanda che ti facciamo è sulla evoluzione storica del tuo percorso d’artista. Tra Lorenzo Lacirca (2008) e Confino (2016), passando per Fur Hat (2012) e Detours (2015), si nota un evidente processo di maturazione. Vuoi spiegarci quali stimoli, esperienze e influenze ti hanno portato a questo livello professionale?

nico bonomoloDiciamo pure che Lorenzo Lacirca era un inizio da autodidatta e che già esiste una differenza tra l’inizio e la fine della lavorazione, prima si è un po’ claudicanti e poi si comincia a tenere il passo andando più spediti, come il personaggio protagonista. E’ chiaro che con il passare del tempo si è rafforzata la mia capacità di adattare le mie animazioni alla storia che voglio raccontare. Per me la storia è tutto, è fondamentale. Il cortometraggio animato è lo strumento per una narrazione che possa coinvolgere lo spettatore ed evidenziare un determinato punto di vista. Il mio colpo di fulmine è stato Appuntamento a Belville di Chomet, è lì che ho capito che potevo comunicare un senso e un significato proprio attraverso l’animazione.

Nico Bonomolo è nato a Bagheria. Bagheria è la città di Ferdinando Scianna, Renato Guttuso, Ignazio Buttitta e Giuseppe Tornatore. Quali di questi illustri concittadini ha influenzato maggiormente il tuo background culturale?

Sicuramente tutti e quattro. Fotografia, poesia, pittura e cinema in un modo o nell’altro influenzano il nostro modo di approcciarsi al mondo. E’ per me un onore avere le mie opere pittoriche esposte qui al Museo Guttuso a Villa Cattolica (Nico è anche un bravissimo pittore NdR). A Bagheria esiste un importante cineclub e proprio mentre ero impegnato nella lavorazione di Lacirca, la nostra città era diventata un vero e proprio set per il Baaria di Giuseppe Tornatore.

Il 30 luglio ricorre il decennale della scomparsa di Ingmar Bergman e Michelangelo Antonioni, questi autori hanno influenzato il tuo lavoro di pittore e di regista di corti d’animazione? Hai subito altre importanti influenze da maestri del campo cinematografico?

Direi di più Antonioni sia per quell’atmosfera di sospensione nel rapporto tra l’ambiente e i personaggi, sia per le ellissi narrative e il prevalere dei vuoti sui pieni. Bergman ha probabilmente influenzato di più la mia pittura e la rappresentazione dei visi in certi primi piani. In realtà il mio genere preferito è la commedia all’italiana, Germi, Risi, Comencini, Monicelli, Wertmuller e tanti altri. Penso che abbiamo perso con il tempo questo modo di fare cinema, che ci aveva fatto conoscere in tutto il mondo…era davvero una nostra inconfondibile caratteristica…

Ad Animaphix sono state presentate due importanti retrospettive di due grandi maestri dell’animazione: George Schwitzgebel e Piotr Dumala. Entrambi, pur proponendo visioni diametralmente opposte, hanno confessato che la musica è molto importante nel proprio lavoro, determinando gran parte del risultato finale. Sei d’accordo su questo? Puoi dirci qualcosa del rapporto con il tuo musicista Gioacchino Balistreri?gif critica 2

Direi che anche nel mio caso, la musica è fondamentale. In tutti i miei cortometraggi ho lavorato con il musicista Gioacchino Balistreri. In Confino, la simbiosi è stata molto particolare, sembrava che lui avesse già in testa le mie immagini ed io nella mente le sue musiche. Il lavoro con lui è stato particolarmente gratificante ed ogni sua nota non fa altro che esaltare il potenziale evocativo dell’immagine.

Faccio a te la stessa domanda che ho rivolto a Georges Schwitzgebel: l’animazione consente una maggiore libertà di espressione e grandi margini di sperimentazione? E può un cortometraggio come Confino, proponendo una certa visione critica del mondo, allargarsi a un significato politico?

Si, la libertà di espressione e i margini di sperimentazione sono ampi. Ma i tempi di lavoro sono molto lunghi. Confino ha richiesto 9 mesi di dura, massacrante, snervante elaborazione. E una intensa campagna di crowdfunding. Oltre a Gioacchino Balistreri per le musiche, ho impiegato due attori per la silhouette per le animazioni. Poi avevo il mio Apple. E’ stata durissima ma alla fine le soddisfazioni sono arrivate una dietro l’altra. Quando mi hanno avvisato in piena notte da Los Angeles che Confino aveva vinto un importante premio ho pensato sinceramente ad uno scherzo. Penso che in questo momento storico Confino possa essere maggiormente apprezzato proprio perché la deriva totalitaria e reazionaria sembra dilagare sia negli USA che in alcuni stati europei. Ecco, per rispondere alla tua domanda, ogni cosa è politica: anche un piccolo cortometraggio, se può farci riflettere sui corsi e ricorsi storici, sugli errori che dobbiamo cercare di non ripetere, assume una valenza politica. E’ una goccia nel mare, ma in qualche modo si deve pure iniziare.

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