Contromano. Incontro con Antonio Albanese e il cast

Si è svolto oggi l’incontro stampa con Antonio Albanese in occasione dell’uscita della sua ultima commedia, Contromano, che lo vede tornare alla regia dopo 16 anni di assenza. In sala dal 29 marzo

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Si è svolto oggi, a Roma e Milano in simultanea, l’incontro tra la stampa e i protagonisti di Contromano, nuovo film diretto e interpretato da Antonio Albanese, che torna nelle sale il prossimo 29 marzo (con 01 Distribution), a distanza ravvicinata dagli ultimi Come un gatto in tangenziale e Mamma o papà?, entrambi diretti nel 2017 dal regista romano Riccardo Milani e interpretati al fianco di Paola Cortellesi. Stavolta, però, Albanese torna a vestire i panni (anche) di regista del film, a distanza di ben sedici anni dalla sua ultima regia cinematografica, appunto Il nostro matrimonio è in crisi. Come mai, dunque, tornare proprio adesso a dirigere una pellicola, dopo una serie di grandi successi ottenuti in qualità di attore sul grande schermo? Albanese, grande protagonista dell’incontro, afferma di avere scoperto tempo addietro «la gioia della regia» e di essersi in seguito dedicato al lavoro di attore sempre sotto la guida di grandi maestri del cinema, i quali lo hanno ispirato e gli hanno consentito di crescere. Riguardo a Contromano, Albanese afferma di avere goduto della “protezione” di un’ottima squadra tecnica e di avere semplicemente voluto entrare nel film «curandolo con la sua regia». E aggiunge: «Ho aspettato perché volevo imparare di più e volevo sentire il desiderio di dirigere un film io stesso».

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La commedia di Albanese si presenta come un prodotto audace, incentrato su un tema controverso e di stringente attualità – appunto, l’immigrazione nel nostro Paese e l’integrazione tra popoli di differente cultura e provenienza – che si è scelto di raccontare attraverso la lente dell’ironia intelligente – «con un movimento ironico volevo trascinare il film» – , conferendo alla dimensione narrativa iperrealistica dei connotati alle soglie del favolistico o della “lucida follia”. Il soggetto nasce al crocevia tra necessità sociali e personali (del regista): Albanese afferma di avere avvertito, prima di tutto, un suo istintivo desiderio da spettatore, che lo ha condotto «a raccontare con leggerezza ironica un tema così impetuoso, cercando sempre di rispettarlo e trattarlo con modi “garbati”… Desiderio di raccontare un contatto che scaturisca da un’esperienza». E sarà, per l’appunto, il viaggio condotto da Mario Cavallaro (il personaggio interpretato da Albanese), solitario milanese amante di ordine e abitudini consolidate, insieme ai due senegalesi Oba (Alex Fondja) e Dalida (Aude Legastelois), a cambiare le loro vite interamente, a spezzare le loro solitudini, aiutandoli infine a «scoprire delle verità». Mario subirà, dunque, «un processo positivo di trasformazione a partire da questo incontro salvifico», abbandonando la diffidenza iniziale: il personaggio nasce direttamente in seno alla sceneggiatura e calato nel contesto di questo “viaggio”, frutto del lavoro di scrittura condotto da Albanese insieme ad Andrea Salerno Stefano Bises, con la collaborazione di Makkox (Marco D’Ambrosio).

All’incontro ha partecipato anche la splendida protagonista femminile del film, l’attrice e cantante francese Aude Legastelois, la quale ha ribadito l’enorme piacere di avere lavorato insieme a un artista generoso e talentuoso come Albanese per questo suo primo ruolo da protagonista: «Noi parliamo la stessa lingua d’attore!», ha dichiarato Legastelois. La giovane attrice afferma poi di avere molto amato la delicatezza con la quale il regista ha affrontato il tema dell’integrazione, facendo ricorso a un tratto forte di ironia. Il suo personaggio, appunto Dalida, affronterà nel film un ulteriore viaggio personale, alla stregua di quello di Mario: «Dalida compie un’evoluzione umana… Si innamora di Mario, ma in amicizia, sul piano umano… Lui le farà vivere in modo diverso il tempo del viaggio. Il film ci dà una grande occasione di apertura mentale, una grande lezione di vita!».

Contromano è una produzione di Domenico Procacci (Fandango) – presente all’incontro milanese – con Rai Cinema, in rappresentanza della quale è presente Paolo Del Brocco: per i produttori la garanzia di partenza è stata, senza dubbio, la qualità artistica di Albanese (Procacci aveva già prodotto i successi di Manfredonia, che videro protagonista sullo schermo Cetto La Qualunque qualche anno fa), come l’assunto definito “geniale” e forte dal quale prende piede il film stesso. Per Procacci, il cinema di commedia non rimane, dunque, mera “evasione” per lo spettatore, ma ha il compito di affrontare anche temi importanti dell’attualità sui quali è necessario riflettere, «tenere acceso il cervello».

Il tema del rimpatrio degli immigrati italiani scatena durante l’incontro una serie di domande necessariamente intrecciate alla politica del nostro Paese e alle recenti elezioni; Albanese sottolinea di non avere voluto indicare delle presunte “soluzioni” al grave problema italiano nonostante si trovi spesso, per lavoro, a girare l’Italia intera e a “monitorarne” condizioni e verità: «È un tema che non ha soluzione. L’unica potrebbe essere di valorizzare quella terra che, come dico nel film, è una “terra buona”». Riguardo, invece, ai riferimenti cinematografici dai quali il regista si sente maggiormente toccato, si tratta perlopiù di tratti del cinema d’autore europeo, quello in particolare di Ari Kaurismäki che Albanese dice di amare molto: «Per Kaurismäki ho una passione estrema! Mi sono avvicinato a quella pasta, a quell’ironia struggente, ma anche quel colore struggente. Il “silenzio” di Kaurismäki mi piace!». Infine, un accenno alle musiche originali del film, composte, orchestrate e dirette da Pasquale Catalano – presente anch’egli all’incontro – che hanno avvolto il film in una dimensione profonda, mai superficiale o stereotipata, ove si è rivelato fondamentale il rapporto instaurato con il lavoro del montatore Claudio Cormio. Cruciale è anche lo scenario marittimo che accompagna alcune tra le sequenze più rilevanti, sempre frutto di «un bisogno di gioia e condivisione naturale» emerso dal viaggio-film stesso.

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