"Cose di questo mondo", di Michael Winterbottom

Winterbottom ha accumulato più di duecento ore di girato e, nella foga di far vedere tutto, trita le immagini in un montaggio infernale da videoclip, agendo sul lato emozionale (monocorde: tragico) per dare il senso della durata

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Lo aveva già preannunciato Massimo Causo, che dopo la premiazione della Berlinale 2003 (53ma) scriveva: ci siamo ritrovati un po' tutti spiazzati e stupiti nell'apprendere che Egoyan, la Bigelow, Sissako e gli altri avevano voluto assegnare un significantivo Orso d'Oro al lavoro apparentemente più militante del Concorso berlinese: In This World di Michael Winterbottom, film in digitale su due giovani profighi afghani diretti in Inghilterra…

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Nel suo film, non c'è una sola immagine onesta: non che non siano sincere le intenzioni della persona-Winterbottom, sia chiaro… Il fatto è che In This World è fatto di immagini assolutamente insincere, è un film che quanto più cerca la verità attraverso una presunta vicinanza ai suoi personaggi e alla loro vita, tanto più trova una incolmabile distanza con ciò che è vero… Ma per incapacità congenita del regista-Winterbottom, al quale manca il cuore per raccontare davvero la vita…


Le parole di Causo  rimandavano subito la mente ad una sintesi di Giona A. Nazzaro che, su "Rumore", in un articolo riepilogativo della scorso Cannes 2002, nel cui palinsesto figurava 24 Hour People Party penultimo film (per ora mai distribuito in Italia) di Winterbottom sulla vita/morte del divino Ian Curtis/Joy Division, asseriva: "W. è un regista a cui andrebbe tagliata la mano destra".


Chiaro, al nostro "mucchio selvaggio" questo tipo di cinema (dei vari Haneke, Von Trier e compagnia), spinto negli ultimi anni proprio dalla Berlinale e da Cannes (a parte Go Now, '95, e With or Without You, '98, tutti gli altri film di Winterbottom sono stati in concorso ai due festival) con l'avallo del pubblico "da Circuitocinema", che sembra trasformare la sala nella Bagdad attuale, dove ad una situazione di partenza già tragica si aggiungono bombe di patetismi terrorizzanti e pretestuosi di avere un effetto rigenerante sulle nostre coscienze, non piace per niente.


Con In This World Winterbottom sembra vada a cercare il già noto, da tempo divenuto vulgata, sui viaggi aberranti a cui è costretta larga parte della popolazione mondiale per venirsi a riprendere l'80% della ricchezza nei pochi feudi che se la spartiscono. Sceglie due non-attori a cui non lascia altra libertà espressiva se non di essere quello che lui ha deciso che siano, fornisce di tanto intanto dati scritti che puntualmente le immagini cercano di confermare nelle sequenze successive (clamoroso quando, dopo aver annunciato la cifra dei deceduti durante i viaggi, Enayat muore). Da Peshawar a Londra, passando per Iran, Turchia, Italia e Francia non si vede nulla; girando in digitale Winterbottom ha accumulato più di duecento ore di girato e, nella foga di far vedere tutto, trita le immagini in un montaggio infernale da videoclip, agendo sul lato emozionale (monocorde: tragico) per dare il senso della durata (di un tragitto che trova lo scarto maggiore dalla nostra esistenza proprio nella forzata lunghezza e "fisicità dell'attraversamento").


 


Titolo Originale: In This World
Regia: Michael Winterbottom
Sceneggiatura: Tony Grisoni
Fotografia: Marcel Zyskind
Montaggio: Peter Christelis
Musiche: Dario Marianelli
Interpreti: Jamal Udin Torabi (Jamal), Enayatullah (Enayat)
Produzione: Anita Overland per Revolution Film /The Works/The Film Consortium/Film Council/BBC
Distribuzione: Mikado
Durata: 90'
Origine: Gran Bretagna, 2003

 

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