Crepa padrone, tutto va bene, di Jean-Luc Godard e Jean-Pierre Gorin

La rappresentazione cinematografica si confonde con l’analisi politica e la funzione sensibile dell’immagine oscilla costantemente tra questi due poli. Martedì 14 marzo, ore 04.15, Rete 4

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Una giornalista americana, con simpatie verso la sinistra extraparlamentare, e un cineasta d’avanguardia, ripiegato negli ultimi tempi per motivi “alimentari” a film pubblicitari, vengono accidentalmente sequestrati da un gruppo di operai in “sciopero selvaggio”. Insieme a loro c’è anche il direttore della fabbrica (un salumificio). Per cinque giorni i tre ascoltano dagli operai le condizioni in cui sono costretti a lavorare. Per i due intellettuali (e per il padrone) sarà una lezione di etica e politica. Per diversi motivi l’opera è particolarmente significativa nella filmografia di Godard. Innanzitutto, anche se non ufficialmente, risulta essere l’ultima fatica del gruppo Dziga Vertov, collettivo di autori francesi che Godard e Gorin (ex giornalista delle pagine culturali di Le Monde, referente ideologico-teorico-marxista) costituirono dal 1962 al 1973, con 6 lungometraggi realizzati, che per quasi vent’anni sparirono dalla biografia del regista franco-svizzero, prima che fossero restaurati e quindi riscoperti.

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ToutVaBien04Godard a Le Monde, all’uscita della pellicola: “Vedrete un film d’amore con le vostre star preferite. Si amano e litigano come in tutti i film. Ma ciò che li separa o li riunisce si chiama lotta di classe. Jane Fonda, giornalista, e Yves Montand, cineasta, passeranno da “ti amo” a “non ti amo più” e poi di nuovo a un secondo “ti amo”, questa volta diverso dal primo: e questo perché tra i due “ti amo” ci sono 45 minuti in cui sono sequestrati in una fabbrica”. Altro motivo di interesse su Tout va bien riguarda la connotazione “borghese” dell’intero progetto: attori importanti, budget consistente, scenografia imponente (per cui è evidente il tributo al teatro politico), codici narrativi ammiccanti. Jean-Pierre Gorin: “Ci siamo detti che questo film ci faceva ritornare nel Sistema ma che dovevamo essere più forti di lui. Prendere il progetto di Rassam (produttore), ma essere meglio di Rassam: recuperare i suoi soldi, le sue vedettes, ma fare uno dei nostri film”.

image-w1280La carrellata (e controcarrellata) lungo le casse del supermercato, le scene di vita di fabbrica e di ufficio mostrate da fuori attraverso le vetrate: la rappresentazione cinematografica si confonde con l’analisi politica e la funzione sensibile dell’immagine oscilla costantemente tra questi due poli; ma tale oscillazione didascalica-brechtiana va presa per quel che è, vale a dire il libero scorrazzare del cinema, il suo esprimersi e rivelarsi in quanto cinema, il suo metterci per forza di cose di fronte alla “texture” di immagini, al di là del vincolo narrativo e al di qua dell’opzione contemplativa. Se non è un manifesto del cinema militante, poco ci manca, ma certamente resta un grande esempio di cinema moderno che cerca il contatto con la superficie dei corpi, dei volti, degli oggetti, come a voler acuire, con la superficialità, la tattilità delle immagini e, nel contempo, suggerirne la loro natura smaccatamente cinematografica.

Titolo originale: Tout va bien
Regia: Jean-Luc Godard, Jean-Pierre Gorin
Interpreti: Yves Montand, Jane Fonda, Vittorio Caprioli, Jean Pignol, Cyrille Spiga
Durata: 95’
Origine: Francia, Italia 1972
Genere: drammatico

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