Cujo, di Lewis Teague

Un horror che poi sfocia nelle zone del disaster-movie che è uno dei migliori adattamenti dei romanzi di Stephen King. Fotografia di Jan de Bont. Domenica 15, ore 3.00, Paramount Channel

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Un horror con le derive del cinema catastrofico. Dove è il fatto apparentemente accidentale che conduce alla follia. Cujo, tratto dal romanzo di Stephen King pubblicato nel 1981 (due anni prima dell’uscita del film), ha lo spirito del B-movie ma è perfettamente radicato nel cinema statunitense d’inizio anni ’80. Nella rappresentazione di un’America malata forse debitrice degli horror di Craven e Hooper. Ma con dentro anche forti segni dell’immaginario dello scrittore, dalla nebbia, alla funzione degli oggetti fino alla metamorfosi letale.

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Cujo è un San Bernardo che vive nella periferia di Castle Rock con un meccanico, sua moglie e suo figlio. Un giorno, per inseguire un coniglio in una tana, viene morso da un pipistrello contraendo la rabbia. Da quel giorno il suo comportamento cambia. Uccide così il suo padrone e il suo amico. E terrorizza la moglie e il figlio di un pubblicitaio che erano andati lì per aggiustare la macchina.

cujo dee wallace danny pintauroCon Alligator, il miglior film di Lewis Teague e uno dei migliori adattamenti dei romanzi di Stephen King. L’inizio, con l’inseguimento del coniglio, già mette in scena dei segnali premonitori che attraversano tutto il film: rumori sinistri, porte che non si chiudono, zoom sul bambino, la cicatrice sul naso del cane. La dimensione sonora è essenziale. Oltre ad alcuni sguardi in soggettiva di Cujo impazzito, sembra di entrare nella sua testa e sentire i rumori che si amplificano: le portiere della macchina che sbattono, il telefono che squilla.

Ma i semi della follia sembrano espandersi in tutta la provincia: l’intossicazione dei cereali di cui il protagonista ha curato la campagna pubblicitaria e quella dell’amante della moglie che, dopo essere stato lasciato, entra in casa loro e gliela distrugge.

cujo teagueLa tensione diventa crescente e si alimenta proprio nell’attesa delle aggressioni omicide da parte di Cujo. Attraverso dettagli sui suoi occhi, la bava alla bocca e i movimenti sinistri e sempre più inquietanti. Il film li sa gestire in maniera estremamente efficace anche grazie alla scrittura di Don Carlos Dunaway e Laurier Currier e nella capacità di lasciar progressivamente precipitare in una dimensione da incubo, già accennati da quei grigi scuri della fotografia di Jan de Bont, che poco più di 10 anni più tardi dirigerà ‘quel che resta’ del genere catastrofico con Speed e soprattutto l’ottimo Twister.

Ma la mutazione avviene in tutta la parte in cui Cujo tiene in ostaggio la madre – interpretata da Dee Wallace, già icona del new horror tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80 con Le colline hanno gli occhi di Craven e L’ululato di Dante, oltre ad essere stata la madre di Elliot in E.T. – L’extraterrestre di Spielberg – e il figlio. Ci si sposta nelle zone del disaster-movie. I due che non possono uscire dal veicolo, il cane che l’attacca e lo distrugge progressivamente, il malore del ragazzino che non riesce più a respirare. Ci si trova all’aperto, ma la dimensione claustrofobica è simile a L’avventura del Poseidon o L’inferno di cristallo. E i tempi vengono gestiti in maniera impeccabile, proprio per il fatto che ci sono delle dilatazioni che però mantengono sempre altissimo il livello di guarda. Di un cinema che poi sembra impazzire assieme ai suoi protagonisti. Con la macchina da presa che ruota a 360° gradi attorno al veicolo. Teague, all’epoca, appariva come uno dei nomi più promettenti e capace di seguire gli altri cineasti del new-horror. Però, dopo L’occhio del gatto ha iniziato a perdersi a cominciare da Il gioiello del Nilo, poco ispirato sequel di All’inseguimento della pietra verde.

Titolo originale: id.

Regia: Lewis Teague

Interpreti: Dee Wallace, Danny Pintauro, Ed Lauter, Christopher Stone

Durata: 93′

Origine: Usa 1983

Genere: horror

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