Da Gigolò Joe a Pio XIII: The Young Pope – Episodi 5 e 6

Jude Law è perfetto in questa incarnazione, nel totalizzante dominio di sé e degli altri. Il suo corpo attraversa la narrazione, separandosi da ciò che lo circonda, come un alieno di un altro mondo.

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Un corpo estraneo, un corpo alieno. Non solo metaforicamente. Nelle stanze del Vaticano il Papa di Sorrentino si sveste di ogni impulso di santità, dai gesti di una quotidianità laica sfrontata alla gestione di un Potere usato come il peggior farabutto della politica, sovrano e dittatore. Il corpo della Chiesa annullato e ridotto ad una umiliata platea di cardinali-cloni, spossessati di ogni peculiarità personale, come nel primo colloquio in cui il Papa, addobbato a festa, sovrasta tutti dall’alto della sedia gestatoria, perché è suo l’unico corpo che conta, curato con meticolosa, vanitosa attenzione, più da metrosexual che da servitore di Cristo, dagli esercizi ginnici per mantenerlo in forma, dove mette in mostra la sua spudorata nudità, alla scelta di ogni dettaglio che possa esaltarne la superiorità, perfino nella cernita delle calzature, puntualmente l’oggetto definitivo (il bacio dei prelati) per esprimere la sudditanza altrui. E non è un caso che i titoli di testa di The Young Pope scorrano in un carrello della seduzione (il Papa fa addirittura l’occhietto a un certo punto), dove il corpo danza in un esibizionismo irrefrenabile. Altro che il Corpo di Cristo, qui vale solo il Corpo del Papa: è lui che nutre la Chiesa, la può esaltare o distruggere con il medesimo gesto.

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Jude Law è perfetto in questa incarnazione, nel totalizzante dominio di sé e degli altri. E il suo corpo attraversa la narrazione, separandosi da ciò che lo circonda, come un alieno piombato da un altro mondo. Sembra l’aggiornamento (anche per istinto recitativo) di Gigolò Joe, il mecha che l’attore britannico interpretava in “A.I.”, un altro corpo in contrasto con l’ambiente che lo attornia, ora rovesciato in una prospettiva opposta, segno di una vitalità contraddittoria che alimenta tutto l’operato di questo inatteso Pontefice, dal pensiero medievale e dai comportamenti da società dei consumi (esemplari gli inutili occhiali da sole prima dell’incontro col primo ministro Accorsi-Renzi).

jude-law-e-stefano accorsiSe Gigolò Joe era costretto, per il suo ruolo di amante, a proporsi attraverso l’immagine di un corpo attraente, Pio XIII la nega paradossalmente ai propri fedeli, in modo ostinato e contro ogni ragione di marketing mediatico. Nessuna foto, nessun manifesto, nessun santino: nemmeno quando è costretto a parlare alla folla dal balcone di San Pietro, con la prima sconcertante omelia sulla prova dell’esistenza di Dio, il Papa si mostra. La gente accorsa per salutarlo, ne avverte solo una terrificante silhouette, un fantasma nero, che mette paura (è finora la sequenza migliore di tutta la serie). Il corpo e la negazione della sua immagine: davvero uno stratega perverso.

E quindi è quasi ovvio che l’unica volta nella quale la sua figura viene catturata da un obiettivo esterno alle mura vaticane, sia in uno scatto col cellulare di una signora seducente, fuori San Pietro, in quella passeggiata notturna, dove il Pontefice (rimembranza morettiana) s’aggira con la sola tuta sportiva: in quel momento non è più il corpo del Papa a essere oggetto di considerazione, ma quello di uomo qualunque in giro per la capitale, magari ipoteticamente in cerca di avventure. Un corpo. E basta.

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