(doc) “Les Eclats (Ma gueule, ma révolte, mon nom)”, di Sylvain George

les eclats
Premio Miglior Documentario Internazionale al Torino Film Festival del 2011, l'o
pera racconta dei migranti di Calais in attesa di saltare su una nave con il sogno di raggiungere l’Inghilterra. La paradossale forza di quest'opera sta proprio nell'insita capacità di creare un'atmosfera livida e poetica allo stesso tempo

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Premio Miglior Documentario Internazionale al Torino Film Festival del 2011, l'opera racconta dei migranti di Calais in attesa di saltare su una nave con il sogno di raggiungere l’Inghilterra. “Les éclats”, ovvero i frammenti di voci, risate e rabbia; stralci di vocaboli, immagini e memoria. Parole che sembrano contemporaneamente vicine e lontane, quelle di ieri troppo simili a quelle che verranno domani. E poi le incursioni della polizia contro i manifestanti. Un film che mostra di cosa si compone la vita dei migranti, per comprendere e scegliere se va veramente tutto bene così. Il quarantaquattrenne regista francese, Sylvain George si conferma ancora una volta documentarista di spicco sul tema della migrazione, dei rifugiati, dei "sans papiers". 

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Arriva anche in Italia, dopo un anno circa e solo però per tre giorni nelle sale della Capitale, il film che chiude in un certo senso la trilogia, dedicata dal regista al problema della migrazione in Francia. Bianco e nero (ad eccezione di una scena in cui il tramonto si riflette in uno specchio d'acqua) che si mescola con il bebop per non perdere il battito e il ritmo delle immagini, stranamente sospese come fossero parte di un'involontaria ripresa del nulla, del tormento di chi non può fare a meno di scappare.
 
I silenzi, i luoghi del disagio, i “nemici” in divisa, i medici, i tribunali, si fanno pezzi da comporre per ricreare la memoria dei sopravvissuti, la memoria dei vinti, la memoria di chi però ancora non si arrende al destino. Immagini rubate, circuito chiuso, occhio indiscreto che si apre sulle nostre barriere, che scardina i muri nella nostra testa. La paradossale forza di quest'opera sta proprio nell'insita capacità di creare un'atmosfera livida e poetica allo stesso tempo, nonostante la tendenza a sfilacciarsi e a perdersi nei raccordi di montaggio, lasciati scorrere come se fossero immersi in un video clandestino.
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