Due Sotto il Burqa – Incontro con Sou Abadi

A una settimana dall’uscita della sua commedia religiosa, la regista iraniana Sou Abadi racconta alla stampa romana la genesi del suo film e parla di Billy Wilder, grande fonte di ispirazione

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Uscirà nelle sale il 6 dicembre Due Sotto il Burqa, della regista iraniana Sou Abadi. Armand (Félix Moati) e Leila (Camélia Jordana) sono due giovani innamorati che presto partiranno per New York. Ma a poche settimane dalla partenza fa ritorno dallo Yemen Mahmoud (William Lebghil), fratello di Leila, diventato “estremamente” credente e deciso a non accettare il comportamento troppo moderno della sorella. Decide allora di chiuderla in casa e Armand escogiterà un particolare travestimento per vedere la sua amata. Nei toni della commedia Sou Abadi (acclamata in passato per il documentario S.O.S a Theran) racconta la religione, la politica e non lascia fuori il fondamentalismo islamico, da lei vissuto in prima persona: “Sono di origine iraniana quindi questi argomenti già si muovevano dentro di me. Ho vissuto in adolescenza la tragedia dell’avvento dell’estremismo islamico e non c’era effettivamente nulla di comico. Però non volevo raccontare questa storia in modo tragico anche perché agli occhi degli occidentali la tragedia dell’integralismo è ormai nota. Volevo che lo spettatore ridesse in maniera intelligente. Io in qualche modo sono fuggita dall’Iran ma a distanza di trent’anni mi sono ritrovata in Francia ad affrontare le stesse dinamiche. E in Francia  non se ne parla molto, nessuno prende coraggio e allora ho pensato di prenderlo io. Il mio,”  continua la regista, ” è stato un tentativo di mettere tutto insieme: comunisti, femministe, estremisti… A tutti ho fatto fare un piccolo passetto uno verso l’altro. Si ride di tutti ma con educazione.” 

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Certo quando si trattano questi temi non si può mai sapere quale sarà l’accoglienza da parte della comunità religiosa. Ma Sou Abadi racconta delle dieci anteprime in diverse città della Francia, la cui reazione è stata molto positiva: “Sono venuti molti praticanti musulmani durante il Ramadan, prima di rompere il digiuno. Mi hanno ringraziato per aver mostrato i praticanti islamici in modo pacifico. La comunità islamica integralista invece mi ha mandato minacce, ha insultato me e il cast. Ma dopo il film non hanno potuto fare altro. La grande delusione, lo devo dire, riguarda l’acquisizione del film: non speravo che l’Iran e l’Arabia Saudita acquistassero il film, però almeno il Libano e la Turchia. Nel mio film derido l’integralismo e non la religione, che per chi ci crede può essere uno splendido appiglio. Ma per quel che riguarda l’Islam, e questo lo dicono anche gli studiosi francesi, servirebbe un ampliamento dello studio storico-antropologico per permettere che ci sia più distacco dalla religione.” 

Per prendere distacco la regista ha scelto l’ironia, arma sempre potente: “Mi sono vista tutti i film sul travestitismo ma devo dire che la maggior ispirazione me l’ha data Billy Wilder con A Qualcuno Piace Caldo. Ho studiato tantissimo quel film e la cosa che più mi ha colpito è stato il ritmo. So che Wilder teneva tantissimo alla velocità ed è una tecnica che ho adottato anche io. La sceneggiatura portava a un film di un’ora e cinquanta ma io avevo assolutamente bisogno che fosse un’ora e mezza…cronometravo tutto, chiedevo agli attori di fare ogni cosa più velocemente!

Per le nuove giovani promesse del cinema francese la regista ha solo parole positive:Félix, Camélia e William sono stati bravissimi, l’aria sul set era molto rilassata. Non conoscevo Camélia quando mi è stata proposta perché non ho la televisione a casa. Ma appena ho iniziato a lavorare con lei sul personaggio mi è subito piaciuta.

Così dal documentario la regista è passata alla fiction e non intende abbandonarla per ora. Racconta che ha passato cinque anni ha lavorare a un documentario su una spia israeliana e di non essere riuscita a portare avanti il progetto per problemi di finanziamento: “Sono caduta in depressione per due mesi ma mi sono rialzata e ho scritto questo film che avevo in mente da un po’. È venuto tutto molto spontaneamente.  E nella fiction c’è più libertà, inoltre c’è molto del lavoro del documentario. Per il mio prossimo progetto ad esempio mi sono già due anni che faccio ricerca. Sarà una commedia con forti elementi tragici, ambientata nell’Isis.”

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