Effetto Globes: la storia dei film di Meryl Streep vietati in Russia

Andy Borowitz, redattore del New Yorker, ha pubblicato un articolo circa un presunto divieto della Russia sulla filmografia di Meryl Streep. Una bufala, chiaro, ma perché potrebbe anche non esserlo?

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Dal giorno della cerimonia di premiazione dei Golden Globes, in rete imperversano meme, gif e articoli vari riguardanti il discorso, a dir poco coraggioso, dell’attrice Meryl Streep. Tralasciando qualsiasi commento circa la legittimità o meno delle accuse, l’interprete ha apertamente criticato il neo-presidente USA Donald Trump e, in particolare, il suo operato nel corso della campagna elettorale.

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Andy Borowitz, comico e autore di spicco del magazine The New Yorker, proprio sull’onda delle accuse della Streep e della conseguente reazione di Trump, che su Twitter ha definito l’attrice “sopravvalutata”, ha pubblicato un pezzo che denuncia un fantomatico divieto, opera di Vladimir Putin, sulla filmografia dell’interprete nello stato russo. Secondo le parole di Borowitz, degl’agenti del governo moscovita avrebbero fatto irruzione in una cabina di proiezione per confiscare una copia di Florence, attualmente nelle sale. Ma la goliardia dell’autore non si ferma qui; ha infatti proseguito con il racconto di una spettacolare invasione degli stessi agenti nella casa di una coppia, la quale si sarebbe vista sottrarre da sotto il naso una copia del musical Mamma Mia!, in cui recita la Streep.

Sappiamo che una fetta consistente della popolazione USA non ha votato per Trump e che se avessero dovuto contare i voti singoli ci sarebbe Hilary nella stanza ovale. Accantonato per un attimo questo aspetto, il quadro realmente critico dell’opinione pubblica si avvita attorno all’amicizia dell’imprenditore con lo zar Putin. Un’alleanza tra i due significherebbe per molti americani la riapertura di un conflitto sotterraneo e magari di una posizione di rilievo negl’accadimenti in Siria. Sebbene gli attacchi sovietici siano finiti, la ripresa non è scongiurata e “la situazione Assad” è lungi dall’essere superata. Borowitz, prendendo spunto dall’attacco della Streep, ha voluto sottolineare come il legame tra i due capi possa, forse in un futuro non così lontano, esercitare una linea di censura su chiunque si permetta di ribellarsi alla loro politica. Per quanto satiriche, le battute dell’autore non sono peregrine e forse sono un avvertimento mascherato a cosa accadrebbe se Trump assumesse lo stesso controllo sulla libertà d’opinione e sull’organizzazione culturale made in USA. Putin ha fatto adottare speciali libri di testo nelle “sue” scuole; quale potrebbe essere la mossa del neo-presidente per dimostrare di essere sullo stesso gradino del suo alter-ego orientale?

Oltre a fare il verso alla Streep, il nuovo presidente USA pare tragga particolare piacere dal minimizzare e calunniare anche l’operato della stampa. Dipingendosi come Messia del Verbo, in un’epoca in cui il terrore della bufala è sempre in agguato, l’imprenditore ha sconvolto la platea della sua prima conferenza stampa in sei mesi. Oltre ad argomentare su temi delicati come la sanità, il suo gabinetto e l’hackeraggio russo, ha puntato il dito sia su BuzzFeed, che ha accusato di rilasciare “un mucchio di spazzatura”, sia sulla CNN, una delle principali fonti di notizie negli USA. Trump ha sottolineato che BuzzFeed “soffrirà le conseguenze” del suo modus operandi, ma la reazione alla domanda del corrispondente della CNN Jim Acosta, che da anni segue le vicende alla Casa Bianca per conto dell’emittente, è stata addirittura spiazzante: “You are fake news“. Il neo-eletto si è infatti rifiutato di rispondere alla domanda del giornalista asserendo che la CNN pubblica solo notizie false.

La CNN, poche ore dopo, ha rilasciato un comunicato in cui accusa la squadra di lavoro del presidente di emulare la linea di BuzzFeed, nonché di altre testate, di boicottare qualsiasi notizia provenga dai suoi canali. Anche il New York Press Club ha indirizzato un suo commento al presidente invitandolo ad accettare e a rispondere alle domande di qualsivoglia giornalista, senza pregiudizi o rancori. Viene da chiedersi perché Trump dimostri un tale spirito guerrigliero. Forse la decisione di BuzzFeed di pubblicare un dossier dettagliato sulla sua permanenza in Russia ha costretto il presidente a ripararsi in trincea e a sparare quanti più colpi possibile. In ogni caso il CEO della testata, Jonah Peretti, ha inviato una mail allo staff del presidente confermando che il documento verrà reso noto.

 

 

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