FCAAAL 26 – Disegnare il futuro

L’edizione appena conclusa del FCAAAL ha offerto un panorama di film di alto livello con punte di assoluto interesse e anteprime di eccellenza riconquistando così la centralità del cinema.

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Lo scorso anno abbiamo chiuso le nostre brevi note sull’edizione n. 25 affermando che l‘obiettivo primario sarebbe stato quello di dare l’annuncio dell’edizione n. 26. Oggi siamo qui a commentare proprio la chiusura del ventiseiesimo FCAAAL. L’obiettivo quindi è stato raggiunto e pure superato e con grande agilità, il che è sicuramente confortante per chi si pone traguardi a lungo termine come d’obbligo per ogni progetto da consolidare in virtù della certezza della sua necessità. Il merito è della squadra guidata come sempre dalle due storiche direttrici Anna Maria Gallone e Alessandra Speciale. Il Festival di Milano ha tutte le carte in regola per continuare la propria strada, oggi, in particolare, quando la riconquista della centralità del cinema coincide con una serie di scelte ineccepibili alla quale consegue una discreta attenzione da parte degli addetti ai lavori. Quest’anno il Festival ha costituito, infatti, l’occasione per tre anteprime di peso. Film che hanno valorizzato l’intera manifestazione che ha trovato anche sotto questo profilo un passo giusto per proseguire il cammino e potere continuare a disegnare il proprio futuro.
L’edizione appena conclusa ci pare che possa essere considerata una delle Madame couragemigliori, se non in assoluto la migliore, tra quelle alle quali finora abbiamo assistito. Un panorama che, partendo dalla sezione del Concorso, si è attestato come particolarmente ricco di opere tutte di valore con qualche punta di eccellenza e riteniamo che il lavoro della giuria sia stato complicato proprio dal livello dei film in competizione. Da qui l’anomalo ex aequo che serve quanto meno a restituire l’incertezza dei giurati davanti alla selezione operata a monte. Merito quindi a chi ha guidato le scelte, proponendo un programma originale e di alta qualità. Abbiamo apprezzato il responso della giuria, ma non ci sarebbe dispiaciuta una menzione per Mina walking, coraggioso film afghano del giovane Yosef Baraki che ha dimostrato di avere mano sicura e idee chiare sulla conduzione di una macchina da presa che traduca i sentimenti dei suoi personaggi. Ma dal Perù al Marocco quest’anno ha dominato un cinema ricco di sorprese come testimonia la vittoria del film egiziano in ex aequo con quello algerino. La nota positiva è che finalmente, le frange più attente della distribuzione nazionale, cominciano a prestare la dovuta attenzione a questo cinema non prettamente “occidentale” e se presto è annunciato in sala il film tunisino di esordio di Leyla Bouzid, che in italiano conserverà lo stesso titolo tradotto dal francese Appena apro gli occhi (A peine j’ovuvre les yeux), si hanno notizie positive anche sull’acquisto dei diritti per il nostro Paese per l’apprezzato Mina walking.

Ryuzo and the seven henchmenMa il festival non è stato soltanto il Concorso e non vanno taciute le anteprime di qualità tutte di fattura asitica. A partire da Ryuzo and the seven henchmen il divertente film di Takeshi Kitano che sicuramente sarà inserito nella categoria delle sue “opere minori”, sul costante pregiudizio della sostanziale inferiorità della commedia rispetto al dramma, pur nella consapevolezza che è sempre più difficile far ridere che fare piangere. E nel film di Kitano si ride e anche tanto, si ride guardando a questi “nonnetti” pieni di vitalità, si ride pensando ad un cinema d’altri tempi meno occupato dagli effetti speciali e più legato alla centralità dei personaggi grazie ai quali Kitano realizza una vera e propria galleria e attraverso i quali inventa il suo sberleffo alla vecchiaia e ai pregiudizi sull’età avanzata. Da non dimenticare il capolavoro visivo Monk comes down the mountains di Chen Kaige, film incomprensibilmente trascurato da ogni distribuzione occidentale. Un cinema che rasenta la perfezione in piena armonia con un gusto che nulla concede alla mediazione culturale con l’occidente il che forse ha allontanato gli addetti ai lavori dalla possibilità di farlo circuitare nelle nostre sale. Un vero peccato quello di A peine j'ovuvre les yeux“impedire” la visione di questo film cui non è stata concessa un’opportunità affinché il pubblico possa eventualmente sceglierlo tra le altre opzioni. Da ultimo, ma non ultimo, Stop il film di Kim Ki Duk. Opera quanto mai spiazzante, rispetto alla immediatamente precedente sua produzione e quanto mai necessaria provocazione. Un film che lavorando sul dubbio attraverso un’operazione perfino didattica, raggiunge un risultato inquietante in un inatteso finale dove l’effetto delle radiazioni nucleari è celato sotto una apparente normalità.
Tre registi e tre grandi autori sempre capaci di coniugare la creativa consistenza del loro cinema con lo spettacolo come accade per Kitano e soprattutto per Kaige o con l’elegante parvenza di semplicità dietro la quale si cela un attento lavoro di scrittura depurato da ogni inutile sovrastruttura come per il film di Kim Ki Duk.
Cortometraggi e Sezione Extr’A hanno completato il programma. Quanto ai primi hanno mantenuto alto il livello della rassegna. Tralasciando The mocked one, film vincitore di cui si è già parlato, conta spostare l’attenzione sulle altre produzioni della sezione. Dagli Rough lifeincubi carcerari del nigeriano Ireti di Tope Oshin, a quelli espressi nel bel disegno animato Rough life dal Madagascar per la regia di Randriamahaly Sitraka, al divertente e quasi neorealista egiziano Dry hot summers di Sherif Elbendary. Nella sezione Extr’A, invece, oltre al già citato Dustur di Marco Santarelli vincitore della sezione, la bella sorpresa del piacevole Loro di Napoli di Pierfrancesco Li Donni, storia della squadra di calcio Afro-Napoli che diventa un modo diverso per parlare di ius soli. Da non dimenticare ancora Devil comes Koko che del nigeriano Alfie Nze che, prendendo spunto da uno spettacolo teatrale messo in scena da lui stesso curato, racconta in fondo un’altra storia di colonizzazione questa volta legata ai rifiuti tossici scaricati abusivamente in un luogoLoro di Napoli divenuto infernale della Nigeria. Per queste ragioni il film ha trovato la collaborazione di Legambiente. Un peccato italiano che completa quella saccheggio del territorio che è avvenuto in questi anni al largo delle nostre coste e sotto i nostri piedi con le attività mafiose che hanno favorito l’inquinamento definitivo (non si sa quanto reversibile) delle terre e dei mari presi come obiettivo. Per finire, da citare, il paziente lavoro di Cecilia Zappelletto con il suo La belle at movies. Uno sguardo molto originale su Kinshasa, capitale del Congo, detta la “la bella” che con dieci milioni di abitanti oggi non ha un cinema. Il film ricostruisce una parte della storia della città attraverso le testimonianze di chi ancora si ricorda delle molte sale che esistevano fino a qualche decina di anni fa nella città, oggi chiuse e abbandonate.

--------------------------------------------------------------
IL NUOVO #SENTIERISELVAGGI21ST N.17 È ARRIVATO! in offerta a soli 13 euro

--------------------------------------------------------------
--------------------------------------------------------------
CORSO COLOR CORRECTION con DA VINCI, DAL 5 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative