FCAAAL 26 – Terzo giorno – Uomini tra passato e presente

Ryuzo and the seven henchmen è l’ultimo divertente film di Takeshi Kitano che trova affinità sensibili con La delgada linea amarilla del messicano Celso R. Garcia

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Dopo il giorno dell’apertura, oggi è di nuovo il giorno di Takeshi Kitano. Nella sezione Flash il suo ultimo film, Ryuzo and the seven henchmen. Tornando su quanto già si diceva, anche questo film appartiene al novero delle anteprime non avendo trovato alcuna altra collocazione nonostante le sue qualità e il ritorno di Kitano alla sua anima beat, alla sua comicità fredda. Una comicità che qui si riscalda all’ombra di una storia di un manipolo di arzilli anzianotti già appartenenti alla Yakuza e oggi, chi più chi meno, malconci, ma ancora con la voglia di dire la propria in fatto di controllo del territorio e piccole azioni banditesche. Ma si trovano a doversi scontrare con un sodalizio di malviventi mascherati da azienda di servizi. Lasciamo all’immaginazione di ciascuno quale possa essere lo sviluppo della vicenda. Kitano diverte e si diverte a creare situazioni Ryuzo and the seven henchmen, Kitanoparadossali e fortemente segnate da una comicità gestuale, di situazioni e tanto slapstik da costituire una vera e propria inversione di tendenza del suo cinema soprattutto guardando alle ultime prove del regista giapponese. Kitano riserva per se stesso il ruolo del poliziotto che sa la sua, ma sa anche che la sua età è la stessa degli anziani “malviventi” e che sono cresciuti insieme e forse hanno lo stesso senso dell’onore e della dignità, doti sfruttate su sponde opposte. Un piccolo omaggio alla maturità della vita, alla leggerezza di un cinema che si deve pacificare anche con il mondo tormentato che sta tutto attorno, una stilettata al nuovo ordine malavitoso che si annida dietro i colletti bianchi e che prova dissimulare la propria vera natura, ma in fondo un gruppetto di giovani codardi che fuggono davanti ai vecchietti pieni di risorse. Tutto in nome di un passato glorioso degli odierni neo yakuza che decidono di formare un’altra famiglia sulle orme di quella che faceva davvero paura. Quel tempo è passato, ma non la voglia di contare ancora. In questo semplice assunto uno dei sensi del film che si lascia dietro una piccola scia di inevitabile malinconia. Ma non per questo smette mai di essere esilarante con momenti di piacevole divertimento che si fa sincero e mai eccessivo. Diventa ad esempio davvero spassosa la sequenza in cui si decide di stilare la classifica delle malefatte attribuendo a ciascuna di esse un punteggio a partire dall’omicidio (dieci punti) per stabilire chi sarà

Ryuzo and the seven henchmenil capo della famiglia. Tutto sul filo di una comicità che non lascia nulla di intentato per divertire, sfruttando ogni particolare dal travestitismo all’equivoco in una buddy buddy comedy amplificata in cui i rapporti umani e la solidarietà, contano più dei soldi e l’onestà di fondo più del potere. Kitano non si mette in cattedra, nonostante il suo personaggio, anzi impara insieme a noi con il suo eloquio quasi impacciato e la sua sardonica espressione che non cede mai alla cattiveria.
Anche Toño il protagonista di La delgada linea amarilla nella La delgada linea amarilla, Celso R. Garciasezione del Concorso dei lungometraggi, del messicano Celso R. Garcia è un personaggio chiuso dentro un passato irrisolvibile. Lo accogliamo quando abbandona il posto di lavoro di guardiano di un cimitero per auto, metafora non troppo nascosta di un desiderio di scomparire dal mondo. Dopo un breve impiego presso uno sperduto distributore, la casualità lo fa diventare capomastro di un gruppetto di operai che hanno il compito di segnare con la linea gialla centrale le mezzerie di una strada su un percorso di oltre 200 chilometri. L’occasione ci farà conoscere le vicende di questi personaggi e scoprirne i segreti e la loro profonda umanità. Per Toño sarà venuto il momento di aprirsi al mondo e farci sapere che dopo la morte della moglie non sa più dove sia finito il figlio e oggi ha rinunciato a cercarlo. Ma dopo un drammatico evento che muterà il clima di piacevole cameratismo tra i cinque operai troverà la forza per continuare la ricerca con dentro una nuova energia.
Il cinema latino-americano ha in serbo ormai da tempo queste storie segrete, vicende che ci raccontano di una ricostruzione personale, di una seconda occasione della vita. La ricostruzione di Juan Taratuto ne diventa il paradigma, ma anche Las acacias di Pablo Giorgelli pone al centro il tema di una mutazione radicale di un personaggio non proprio dotato di istintiva simpatia. A questi titoli si aggiunge quest’ultimo del quarantenne regista La delgada linea amarillamessicano. Un film che ha il pregio di una sintesi drammaturgica esemplare che sviluppa i temi che ramifica con sapienza all’interno di una trama molto semplice, ma non priva di colpi di scena, in un ‘alternanza di divertimento e forte drammaticità. Dentro questo articolato, ma in fondo lineare – come la linea che i protagonisti disegnano lungo la strada in un’alternanza di vuoti e di pieni – svolgimento si ritrovano i temi dell’amicizia e della correttezza, della sincerità e di una solidarietà forse sotterranea, ma mai assente. Come nel film di Kitano troviamo un sodalizio amicale che si (ri)costruisce attorno al comune obiettivo. Garcia non pretende di raccontare verità, ma con molta umiltà costruisce un film sincero e dotato di una sua forza emotiva che il personaggio di Toño esprime a pieno. Anch’egli un uomo legato ad un passato che lo imprigiona, ma che riesce a sciogliere questa sua ansia in un felice presente che lo rimetterà al mondo insieme ad un cane che era stato abbandonato dai suoi insensibili padroni.

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