#FCAAAL27 – Ma révolution (R. Ben Sliman), Santa y Andrés (C. Lechuga)

La commedia francese apre sguardi trasversali sulla cronaca e il cinema cubano si interroga sugli esiti rivoluzionari in rapporto a ogni diversità: continuano le nostre visioni dal festival milanese

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La piccola commedia generazionale che il giovane Ramzi Ben Sliman gira con fluidità tra le strade di Parigi, con un lievissimo retrogusto di nouvelle vague, rappresenta uno dei tanti modi trasversali di raccontare la cronaca. Ma révolution appartiene a quel filone che sembra di pertinenza francese, in cui gli autori mettono in stretta connessione il verificarsi di grandi eventi e lo svolgersi di una storia privata, guardando alle influenze dei fatti e a quella specie di effetto domino che determina le vite dei protagonisti, non diversamente da quanto, in fondo, spesso accade nel quotidiano. Così era accaduto per il burrascoso La battaglia di Solferino di Justine Triet (la distribuzione italiana si è dimenticata di questo film), così oggi accade con Ma révolution del franco tunisino Ben Sliman che, invece è stato distribuito proprio dal COE e qui nella sezione Where future beats.Ma revolution
Marwann è un quattordicenne che si spaccia per quindicenne, molte parole e ancora pochi fatti. Passa il tempo con l’amico del cuore e ad invidiare ai più grandi le prime conquiste femminili. La bella Sygrad non lo degna di uno sguardo. Ma la rivoluzione dei gelsomini nella sua Tunisia e una fortuita coincidenza che lo porta a sua insaputa all’onore delle cronache, cambia la sua vita. Scopre la sua anima “rivoluzionaria” e poi il gioco diventa reale e la sua vita comincia.
Piccola commedia si diceva, sui sogni e le speranze, sui palpiti dell’amore giovanile e, sulla vacuità degli adulti. I genitori di Marwann di origine tunisina, ma ormai perfettamente integrati, decidono di tornare, per vivere gli effetti della rivoluzione, nella natia Tunisia. Ma restano immobili anche in quella nuova condizione, così come lo erano in Francia. Una generazione messa in crisi e in perenne crisi che non riesce ad uscire dal bozzolo. Marwann prova a viverla quella vita e prende qualche pugno, ma anche i primi baci di Sygrid.
Ma révolution è un film sui primi passi dentro la complessità che non si comprende, è un film su un ragazzino che giustamente si appropria del mondo dei grandi, lo scimmiotta e se ne fa un’idea. Come è accaduto a tutti. Un film fragile, in fondo, che vive di una sua leggerezza innata, frutto di una scrittura che non pretende di raccontare troppo e che si limita a raccontare bene quello che vediamo sullo schermo. Un film di formazione in cui l’irruzione inattesa della politica determina anche il rapporto d’amore tra i due giovani e in questo, senza alcun sentore di stantio, si ritrovano i temi dei tempi in cui la politica catalizzava o distruggeva i sentimenti d’amore. I tempi oggi sono mutati e Marwann e Sygrid potranno forse vivere la loro vicenda amorosa, qui colta al suo nascere, senza le incrostazioni di strette sovrastrutture ideologiche.

Portraits janvire 2014L’esordio nel lungometraggio di Bel Sliman con una commedia che riesce a intrecciare, con ottimi risultati, la vicenda giovanile del suo protagonista alla storia recente della Tunisia è sicuramente positivo. Ben Sliman ha una particolare capacità a condurre il suo lavoro per le strade di una Parigi spesso notturna e il cui fascino naturale è accresciuto dallo swing delle musiche che sembrano uscite da un film di Woody Allen. Una caratteristica che ci riporta a quel cinema degli anni 60 dello scorso secolo e pare quindi che anche il regista franco tunisino non riesca a fare a meno di un’eredità che, alimentando il suo corredo artistico, gli permette di conseguire il risultato di piacere senza alcuna ruffianeria. È aiutato in questo risultato da un cast di rispetto: la bella Lubna Azbal (La donna che canta), il pensieroso Samir Guesmi, genitori del giovane Marwann interpretato da un risoluto Samuel Vincent e Sygrid la solare Anamaria Vartolomei.
Su altri toni, su altre frequenze la vicenda narrata nel film del cubano Carlos Lechuga Santa y Andrés. In una Cuba per nulla mitica, per niente turistica e pochissimo affascinante, si consuma la vicenda di un improbabile amore tra i due protagonisti e si risolve il dramma esistenziale di Andrés.
Lui, Andrés è uno scrittore, ma è omosessuale e questo lo fa diventare un dissidente, un naturale oppositore del regime, Lei, Santa, è una donna che sicuramente ne ha passati di tutti i colori, ora lavora in una fattoria. Forse ha un debito verso il regime e si presta a Santa y Andres, Carlos Lechugacontrollare i dissidenti. In occasione di una tre giorni in cui vi è un incontro a sfondo politico Santa è incaricata di controllare Andrés. La forzata quasi convivenza muterà i loro rapporti e sarà determinante per le vite di entrambi.
Lechuga ci propone una storia privata che è condizionata da regole inaccettabili, ma soprattutto ci offre la visione di una condizione di infelicità quella infelicità che traspare dal volto scavato di Santa, in fondo la più indifesa davanti alle angherie e all’invadenza del regime. Andrés è un intellettuale, ridotto in estrema povertà, un quasi barbone, ma trova la forza nella scrittura, segreta, misteriosa e gelosamente custodita tra i legni della sua latrina, la dove nessuna mano, se non la sua, può arrivare.
Santa avverte le affinità elettive con Andrés e il suo graduale avvicinamento, dopo le distanze iniziali dovute al ruolo assunto, entra con cautela e sincera partecipazione nella Santa y Andressua vita. In questo avvicinamento che non ha nulla di sessuale, per la conclamata omosessualità dello scrittore, Lechuga sostituisce all’esplicitarsi di una sessualità trattenuta, una sensualità vibrante, ma irraggiungibile. La sequenza, l’unica davvero felice del film, sulla spiaggetta al riparo da ogni incombente pericolo, è tutta costruita su un equilibrio tra l’offerta di lei e il rifiuto naturale di lui.
Cuba ci appare lontana, ogni mitizzazione sembra infrangersi nello svolgersi di questa piccola storia e non è assolutamente una sorpresa che questo film, che ha fatto il giro del mondo per approdare qui a Milano, ancora non sia stato visto proprio a Cuba. Troppe ferite si riaprirebbero e nessuna gioia rivoluzionaria potrà essere esibita davanti al pestaggio che deve subire Andrés per difendere la sua vita. Ma lui almeno ce la farà a fuggire con il suo manoscritto, unica cosa preziosa della sua vita. Sull’isola resterà Santa, sempre più sola a spalare fango cantando nel tramonto una triste melodia.

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