FCE19 – Incontro con Kim Rossi Stuart a Lecce

Più che Tommaso, il commissario Maltese oppure il ragazzo dal kimono d’oro, l’attore sembra il ritratto di Dorian Gray. In occasione dell’ulivo d’oro alla carriera, confessa progetti, sogni e paure

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“Forse sarei stato più portato a fare il muratore“, dice Kim Rossi Stuart – l’attore, il regista, la star- all’incontro stampa al Festival del Cinema Europeo di Lecce, dove ha ricevuto l’Ulivo d’Oro alla carriera, mentre i presenti probabilmente ringraziano il fatto che non sia stato così. Fuori, nella bella e gialla città pugliese, l’arrivo del caldo salentino si fa sentire; in sala, invece, c’è un ambiente abbastanza temperato, equilibrato, forse un entusiasmo contenuto. Proprio come Rossi Stuart, che mentre rivela i suoi segreti, paure e piani incompiuti, non perde mai l’atteggiamento moderato, da primo della classe, di star per caso. Come se non fosse consapevole – o non volesse accorgersi- della sua condizione di icona, di mito del cinema italiano.

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Più che Tommaso, il Commissario Maltese, Il Freddo oppure Il ragazzo dal kimono d’oro, si potrebbe dire che Kim Rossi Stuart assomiglia al ritratto di Dorian Gray. C’è nel suo viso qualcosa di sospeso, di tempo fermo, come se anche lui fosse rimasto dentro una cornice, diviso tra se stesso e il suo riflesso. Ormai sono passati ben 40 anni da quel famoso “autostop”, quando il regista Pietro Valsecchi – oppure l’equivalente di Lord Henry Wotton – gli diede un passaggio e gli propose di fare un provino. Dopo più da 25 lungometraggi, 20 ruoli in TV e due film come regista, un David di Donatello, tre Nastri d’Argento e due Globi d’Oro, diciamo che in questo caso il tempo è stato il suo alleato. Che abbiamo tra le mani un racconto in stile Oscar Wilde, ma con un lieto fine.

Enrico Magrelli modera l’incontro e non perde tempo; lo sferza subito. “Kim, dobbiamo aspettare una decina d’anni per vedere il tuo prossimo film?”
L’attore ride con moderazione e risponde
: “No, diciamo che adesso sono in un periodo di fertilità creativa. Prima, per fare Tommaso, sono stato due anni, cinque anni a tormentarmi. Adesso, però, ho una serie di soggetti più meno pronti, bisogna soltanto decidere.” Poi, lasciamo la regia per parlare di recitazione, e Rossi Stuart ci racconta che da quando aveva 15 anni faceva dei workshop, seguendo la traccia di Stanislavskij, Strasberg,  ma soprattutto come una ricerca di crescita personale. “Lo facevo a modo d’introspezione, autoanalisi. Poi, per interpretare per esempio un ribelle devi esplorare abbastanza a fondo l’universo della rabbia, farti delle domande morali, affrontare con un criterio, uno scopo, cercando una parabola esistenziale che serva da insegnamento”. Allora, gli chiede qualcuno, “non si diventa attore per caso?” “Stamattina, all’incontro con gli studenti, un ragazzo mi ha chiesto se avevo scelto di fare questo mestiere perché volevo, o perché lo voleva mio padre? È una domanda bellissima, di una profondità incredibile. Devo dire che ancora non l’ho capito esattamente, io non ero portato per fare l’attore, facevo uno sforzo, una fatica, delle sudate… mi veniva il terrore quando dovevo andare in scena o mettermi davanti alla macchina da presa…”

Poi, silenzio. Rossi Stuart si perde nei pensieri, guarda fisso il pubblico e il giornalista che spera che la risposta non sia ancora conclusa. “Scusate, mi sono perso… cosa ci fate qua? Si vede che comincio ad avere una certa età!”, scherza. Poi, arriva il famoso discorso del muratore: forse sarei stato più portato per lavori semplici, muratore per esempio. Mi interessava anche l’edilizia acrobatica! Per la regia forse mi sento più a mio agio, non essendo in primissima linea, è un lavoro più organizzativo, meno istintivo, forse mi sento più vicino, nonostante abbia fatto molto di meno come regista che come attore”. 

A quanto pare, Kim Rossi Stuart qualche volta avrebbe detto che il Cinema italiano attuale fosse, in certo modo, “pauroso”. Davanti alla domanda, Lui rimane un po’ perplesso, dice di non ricordarlo. E risponde così: “Non direi proprio, ci sono altre variabili. Direi che il cinema si sta modificando e sta avendo una trasformazione paurosa. Forse ha a che fare col cinema che faccio e quello che non faccio, sono abbastanza selettivo. Dopo aver fatto il regista c’è stato un momento in cui mi sono detto di fare l’attore per me stesso, come fanno tanti miei colleghi, per goderne e prenderlo più alla leggera, come un gioco. Ma non ce l’ho fatta, non sono capace, mi sembra di prendere in giro il pubblico e me stesso, sono abituato a non dormire la notte per lavorare sui dialoghi, devo avere la sensazione di fare una sorta di via crucis, dissanguarmi e dare tutto quello che ho”.

Lo sguardo perso nel vuoto. Questa è l’immagine che sceglie Rossi Stuart per

spiegare il suo percorso creativo, dove cerca sempre di differenziare i personaggi, metterli sulla carta e cercare di dargli una direzione diversa. “È un tema che io mi pongo sempre. Il mio lavoro d’attore consiste in buona parte in questo, in farmi dei film, mentalmente perdermi con la fantasia ed andare a visitare una serie di persone e cose che appartengono al mio vissuto. Mi piace articolarlo. Innanzitutto, metto a disposizione del regista la mia umanità, più istintivamente. Poi, ci sono delle situazioni dove ho dovuto decidere in maniera preordinata tutto, il linguaggio, il movimento, ecc.”

E adesso, cosa ci possiamo aspettare? Qual è il prossimo passo nella costruzione dell’immaginario-Rossi Stuart? “Sto preparando un libro di racconti, e uno di questi racconti potrebbe diventare film. Non c’è una data, non ho preso la decisione finale, sto provando a scrivere in forma letteraria, che è molto diversa da quella cinematografica, sempre con un occhio all’ipotesi di farlo diventare cinema”. “Ma di cosa parlano questi racconti, qual è lo stile?” Un’altra volta, silenzio. Sembra che il libro aperto di Rossi Stuart si chiuda qua. “Preferirei non anticiparlo“, risponde col sorriso. L’incontro finisce e l’attore sparisce in un secondo, lasciando nelle foto, negli schermi, nelle nostre cornici, soltanto il suo riflesso. 

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