#FEFF20 – Steel Rain, di Yang Woo-seok

Action politico abitato dallo spettro di una imminente guerra nucleare, racconta le relazioni, prima di tutto umane, tra le due facce della Corea. Film d’apertura del Far East 1018, su Netflix

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Mentre, in vista dello storico incontro tra Donald Trump e Kim Jong-un, continuano le prove generali di distensione tra Nord Corea e il triangolo formato da Stati Uniti, Sud Corea e Giappone, con l’annuncio del Leader supremo di voler cessare “i test nucleari e il lancio di missili balistici intercontinentali” per iniziare un processo di disarmo nucleare, il Far East Film Festival di Udine apre la sua ventesima edizione con il blockbuster di Yang Woo-seok, un action-thriller politico ad altissimo tasso adrenalinico, già disponibile su Netflix, in barba ai veti anacronisticamente imposti da Cannes, che fa invece sprofondare, di nuovo, il mondo, in particolare le due Coree, nella sua paura più grande, ovvero il rischio imminente di una guerra nucleare, nel caso di Steel Rain, scatenata da un tentativo di colpo di stato in Nord Corea.
In una trama a tratti davvero troppo complicata, Yang Woo-seok riflette sui retroscena politici e sugli effetti devastanti che il peggior scenario possibile, quello di una guerra a colpi di testate nucleari, avrebbe nella penisola coreana e non solo. Senza un attimo di tregua, Steel Rain si muove tra mirabolanti corpo a corpo, folgorante lo scontro per salvare la vita del Leader supremo all’interno di una sala operatoria, congiure e complotti, Kim Jong-un chiamato nel film Numero uno viene ferito nel tentativo, ad opera dei generali, di rovesciare un governo che non concede loro il giusto spazio, e stanze dei bottoni, sia quella nordcoreana che quella sudcoreana, dove lo sfoggio paranoico del potere, con il tragico che si specchia nel ridicolo e viceversa, ha perso ogni connotato umano, con il risultato che in guerra, ormaisteel rain, il numero delle vittime conta assai meno dei calcoli economici o dei giochi di potere.
Ma se anche la componente muscolare e, ancor più, lo sfoggio degli effetti speciali fanno più volte la parte del leone nel film, il dato più interessante di Steel Rain, tratto dall’omonimo webtoon firmato dallo stesso Yang Woo-seok, qui alla sua seconda prova cinematografica dopo The Attorney, è il tentativo di scendere a terra, là dove i missili dovrebbero abbattersi, per raccontare le relazioni, prima di tutto umane, tra le due facce della Corea. Andando ben oltre gli stereotipi più volte cavalcati dal cinema coreano di genere, pur senza rinunciare a qualche momento distensivo, come la chiamata in causa della musica di G-Dragon, che gioca sulla contrapposizione tra isolamento del Nord e etica del consumismo del Sud, Yang Woo-seok riesce a dare profondità emotiva e spessore empatico ad una storia d’amicizia e fratellanza, dove i due protagonisti dallo stesso nome, Cheol-woo, interpretati da Jung Woo-sung e Kwak Do-won, il primo agente micidiale nordcoreano che si trova ad attraversare la frontiera per salvare il suo leader ferito e, con lui, le sorti di due nazioni, il secondo segretario del presidente sudcoreano capace di vedere oltre le convenienze politiche nascoste dietro la divisione, tracciano insieme, pur da latitudini tanto diverse, una geografia interiore pervasa dallo stesso desiderio di riunificazione.

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