FESTA FRANÇOIS TRUFFAUT – Fahrenheit 451


Quando Truffaut tirava in ballo cifre, quote minime, diceva in realtà ben altro, e basta guardare Fahrenheit 451 al di là della Swinging London, della fantascienza pop, dello sguardo di Oskar Werner, per capire ancora una volta che esiste solo l'istante, quell'istante lì che accade sullo schermo e contemporaneamente accade in te mentre leggi Bradbury o guardi, ancora e ancora, un film di Truffaut

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Egregi della Brigata Montag,

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riguardo alla denuncia nei miei confronti (ignoro le identità di chi ha fatto il mio nome a voi pompieri – ho però diversi sospetti al riguardo), non posso che definirmi colpevole: ho visto il film.
Voglio essere del tutto sincero con voi, anche se questo potrebbe inasprire la mia pena: non si tratta, in realtà, dell'unico film che ho visto. Conosco bene il divieto di guardare Fahrenheit 451, ne comprendo i motivi, tra le altre cose Truffaut aveva nascosto a chi sa ben osservare tra le inquadrature le istruzioni per raggiungere il covo degli uomini-libro, gruppo di dissidenti che voi avete sterminato oramai anni fa bruciandoli al rogo nel bel mezzo di una diretta speciale della Grande Famiglia (mettendo così fine al mio sogno di diventare Capitani Coraggiosi di Kipling).

E' vero, perché questo sicuramente vi è stato raccontato, che un gruppo di noi si riunisce proprio al centro della foresta dove erano soliti radunarsi gli uomini-libro, e organizza proiezioni clandestine ma condivise di Fahrenheit 451 (lo chiamiamo “il Circolo Bradbury”), ma neanche sotto leng tch'e vi svelerò mai i nomi di chi partecipa con me alle visioni del film.
Ce ne stiamo lì a ripetere in coro i titoli di testa “recitati” dalla voce femminile off, e poi c'è sempre qualcuno che fischietta il tema di Bernard Herrmann, o nota questo o quel particolare della fotografia di Nicolas Roeg.
Anche se avete vietato il taglio di capelli alla Julie Christie (o meglio, le pettinature opposte di entrambe le Julie Christie del film) perché vi pareva un rimando troppo esplicito a questa opera proibita, sapete bene che sotto il cappello le ragazze che hanno visto Fahrenheit 451 hanno la capigliatura precisamente a imitazione di quel look – ecco, nel corso di questi raduni, possono sfoggiarla senza paura o remora alcuna.

Ray Bradbury ci ha insegnato tante cose, e c'è stato un tempo, prima che voi pompieri e la vostra cultura dell'assenso saliste al potere, in cui consigliavo e regalavo copie di Cronache marziane alle persone a cui volevo bene. Ne restano poche ancora in giro (di copie e di persone), e ora avete catturato anche me: mi pare allora all'improvviso cristallinamente chiaro il motivo per cui Truffaut ci ha lasciato Fahrenheit 451, al di là della Swinging London, della fantascienza pop, dello sguardo di Oskar Werner che dice davvero tutto senza bisogno di una riga scritta, per l'appunto.
La verità è che non servono i libri, come non servono i film, non sono mai serviti. 

Quando Truffaut tirava in ballo cifre, quote minime, diceva in realtà ben altro, e basta guardare quei raggi di luce e d'amore, quando Montag e la moglie si abbandonano abbracciati sul letto, o quello stacco di montaggio abissale sulle linee di dialogo con l'altra donna “Potremmo non rivederci più” / “Hai ragione, non ci rivedremo mai più”, per capire ancora una volta che esiste solo l'istante, quell'istante lì che accade sullo schermo e contemporaneamente accade in te mentre leggi Bradbury o guardi, ancora e ancora, un film di Truffaut. Nulla prima, dopo, o al di fuori di quell'istante: le vette di Truffaut sono tutte molecole, pulviscoli, attimi.

Dannati pompieri, voi ora volete sbattermi dentro per queste cose che scrivo, ma io lancio un ultimo urlo di speranza: che si possa diventare un giorno degli uomini-istante, più forti degli uomini-libro o degli uomini-film, e portare avanti ognuno di noi la memoria e la forza di uno di quei fulgidi istanti di arte e bellezza in cui siano incappati i nostri occhi, le nostre orecchie, i nostri cuori.
Io, per dire, vorrei diventare il primo minuto di Sleep Talking su Sound Grammar di Ornette. Anche solo quel primo minuto.

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