FESTA FRANÇOIS TRUFFAUT – Finalmente domenica!

Quell’inquadratura di notte sulle luci della città, tremolante, instabile, proietta lo sguardo più che verso l’inconscio, verso l’incognito leopardiano. L’ultimo lungometraggio di Truffaut è una commedia investigativa su un lungo viaggio, mai interrotto, sporgendosi allegramente dai finestrini a cercare di cogliere frammenti e schegge di immagini. E il settimo giorno riposò…
 
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finalmnte domenicaVentunesimo e ultimo lungometraggio di Truffaut, del 1983, girato nella Francia del sud a rievocare le atmosfere noir di New Orleans, trasponendo il libro di Charles Williams, scrittore di polizieschi morto suicida.

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“Morire d’amore” è il titolo e a dire il vero il “giallobrillante” sembrerebbe fatto a posta per una visione del sabato sera, pur se sulla domenica non si può che scriverci di lunedì.

 
 
Siamo nell’area “serie noir”, con La sposa in nero, Tirate sul pianista, La signora della porta accanto. A proposito di questa signora, protagonista è sempre Fanny Ardant (all’epoca la compagna di Truffaut), nelle vesti di una segretaria, Barbara, improvvisatasi investigatrice, perché decisa a scagionare dalle accuse di omicidio il suo ex capo, Julien, alias Jean-Louis Trintignant, del quale è segretamente innamorata.

Tutti concordano sull’esplicita riverenza stilistica verso Hitchcock e sull’evidente celebrazione del noir statunitense degli anni Quaranta, non tanto per le tematiche, quanto in particolare per l’essenza cromatica e ambientale. B-movie o parodia del giallo, simulazione della suspense? La critica dell’epoca l’ha considerata un’opera minore, perché magari impegnata a sbrogliare la matassa dell’intrigo, assolutamente marginale, ancora una volta. Finalmente domenica! è una liberazione delle proprie fantasie, come le gambe di Barbara che rievocano L’uomo che amava le donne o i bambini sui titoli di coda, che rimandano a Gli anni in tasca, o ancora quel bacio rubato sotto la pioggia, che Barbara ha imparato vedendolo fare al cinema. E quell’inquadratura di notte sulle luci della città, tremolante, instabile, privandosi della mdp fissa, proietta lo sguardo più che verso l’inconscio, verso l’incognito leopardiano. Il cinema si fa disvelamento, ma allo stesso tempo processo di occultamento e di distorsione dei propri intenti narrativi e visivi.

 
finalmente domenicaFinalmente domenica! è sempre desiderio d’amore, che è entusiasmo e sforzo violento, è dunque caccia di ciò che non abbiamo, è desiderio di possesso, ma non di una parte di sé andata perduta. La commedia investigativa non è più certamente in uno stato di transizione, ma è l’inizio del viaggio. Stavolta bisogna sporgerci allegramente dai finestrini e cercare di cogliere frammenti e schegge di immagini.
Alcune di esse certamente sono legate alla memoria (ma anche al luogo che non abbiamo definitivamente abbandonato), altre appartengono, in modo quasi allucinatorio, al mondo verso cui andiamo. Altre ancora, e sono quelle che più amiamo, sono le immagini di questo spazio di mezzo, su cui ci muoviamo, certe volte vivendolo come un nessundove, altre volte come un rifugio. Finalmente domenica! e siamo di fronte al nudo perfetto: un nudo senza storia (e una debole trama), il nudo di una vita nuda. Truffaut compie un capolavoro assoluto: la presunta, quanto evidente matrice cattolica della pellicola, si modella nell’incongruenza di un sogno, attraverso la negazione della verità della rappresentazione, per giungere alla verità del soggetto e della sua storia. Tutto ciò che Truffaut ha fatto era falso, un enorme effetto notte, naturalmente non fino in fondo, perché in fondo tutto è giusto, unicamente vero nella sua falsità. Il noir e il giallo potrebbero combinarsi perfettamente, se ciò che è vero non fosse falso, e ciò che è falso unicamente vero in fondo. 
 
Darsi all'investigazione per rincorrere l'amore, pedinando per gioco il proprio genere, in un giorno di festa, è come osservare la gente correre indaffarata, nelle strade. Non guardano né a destra, né a sinistra, preoccupati, con gli occhi fissi a terra, come cani. Tirano diritto,  ma sempre senza guardare davanti a sé,  poiché coprono un percorso, gia risaputo, macchinalmente. In tutte le grandi città del mondo le cose stanno così.  L'uomo moderno, universale, è l'uomo indaffarato, che non ha tempo, che è prigioniero della necessità,  che non comprende come una cosa possa non essere utile; che non comprende neppure come,  in realtà, proprio l'utile possa essere un peso inutile, opprimente. Truffaut comprende a fondo l'utilità dell'inutile, l'inutilità dell'utile. E il settimo giorno si riposò…
 
 
Titolo originale: Vivement dimanche!
Regia: François Truffaut
Interpreti: Fanny Ardant, Jean-Louis Trintignant, Jean-Pierre Kalfon, Philippe Laudenbach, Philippe Morier-Genoud, Caroline Sihol
Origine: Francia, 1983
Durata: 111'     
    

 

 

 

 

 
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