FESTA FRANÇOIS TRUFFAUT – Le due inglesi (e il continente)

le due inglesi

Le due inglesi è tutto un esilio dal proprio sguardo, un essere alieni (e quanto se ne intendeva Truffaut…). Si è tutti condannati a quest'immagine sfocata, a quella cecità dolorosa di Muriel, la peccatrice solitaria. "La vita è fatta di frammenti che non riescono a congiungersi", dice lei. No, non è vero: è solo che non riusciamo a cogliere l'intero

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le due inglesiHai voglia a sognare film che corrono veloci come treni nella notte, caro Truffaut. Gli intoppi, i rallentamenti, per te sono una cosa normale. Non hai mai progettato locomotive scintillanti che sfrecciano su rotaie dritte e sicure. Forse non hai progettato affatto: sarebbe occorso un distacco impossibile per chi gioca il cinema tra la vita e la morte…

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No, Truffaut è sempre stato in testa al treno, ma un misero treno a vapore, una bestia singhiozzante di fuoco e metallo lanciata lungo percorsi impossibili e accidentati, con la netta consapevolezza che, al minimo errore, ecco, tutto in malora. È una corsa contro il tempo che divora la strada, ogni strada: i nervi e gli occhi tesi, a cercare di trovare il momento giusto per imboccare lo scambio necessario, quella manovra azzardata che possa salvarti la pelle (dolce).

 

Sì, i suoi film sembrano andare spediti, possedere il dono della "leggerezza", perché tenacemente fedeli a un imperativo narrativo: ogni scena deve dire qualcos'altro di nuovo, aggiungere un elemento alla trama. Truffaut è tutto fuorché un contemplativo, uno che guarda i treni passare. Il suo cinema è "tutto cose". Ma questo procedere per accumulo è punteggiato di scarti, rotture, piccoli sobbalzi dell'immagine, del tempo, del tono. È come se in Truffaut mancassero sempre i raccordi, quelle piccole inquadrature e scene che stanno là a collegare il prima e il dopo. Ci sono anche — sia chiaro — ma è come se non ci fossero. Per questo il tempo dei suoi film  è indicibile: qual è l'arco di svolgimento de Le due inglesi? Non è dato saperlo, se non per brevi battute di dialogo, note di commento. Il tempo è inafferrabile. Ed è un meraviglioso contrappasso per uno che ha sempre cercato di vincere il tempo… Perché, diciamocelo, è solo il tempo a correre dritto e indifferente come un treno nella notte. E i film stanno lì a inseguirlo, con il loro passo incerto.

 

le due inglesiIl cinema è un esorcismo, una gioia e una sofferenza. La più grande salvezza possibile, la più sicura dannazione. Fare film è una malattia da cui si vuol guarire, una convalescenza che ricade nella malattia. E perciò Le due inglesi è, in qualche modo, il film definitivo, quello che più assomiglia all'intero cinema di Truffaut (e oltre): la passione e il controllo della forma. Le passioni premono sulla forma e la forma sulle passioni, fino al cortocircuito, alla ferita a morte, al buco nero. Al di là delle critiche e delle rivalutazioni, il tempo — sempre lui — ha restituito al film la sua centralità (undicesimo lungometraggio su 21, quindicesimo su 25 se si considerano anche i corti…). Ma una posizione centrale non nella definizione della poetica (Baci rubati?), quanto nella confessione di un metodo, di un atteggiamento nei confronti del cinema e della vita, nell'affermazione di un sogno, di un'intenzione, nella consapevolezza di un fallimento. Sì, un grande film malato, ma proprio perché reca su di sé tutti i segni di una malattia e di un'ossessione

 

le due inglesiLe due inglesi assomiglia a una promessa di bellezza non mantenuta. Il ritorno a Henri-Pierre Roché, alla fortuna di Jules e Jim, la fotografia da paesaggista di Nestor Almendros, l'elegante precisione della ricostruzione storica nei costumi e del décor, la musica stupenda di Georges Delerue. Tutto s'infrange nella violenza delle passioni, nella spigolosa lacunosità del racconto, nella meccanica durezza della scrittura, di quelle missive che sembrano l'unica cosa capace di viaggiare nello spazio, nella febbrile velocità del commento "letto" dallo stesso Truffaut, nella brutale secchezza dei montaggi e dei raccordi, con quelle iridi e le dissolvenze che soffocano e tagliano il respiro delle immagini. Film mozzafiato, che procede con lo stesso ritmo ansimante del respiro di un asmatico, tra cadute e speranze. "Film fisico sull'amore", certo, ma soprattutto un film fisico, un corpo vivo di pellicola da tagliare e lacerare (i 15 minuti), da distruggere e rimontare, da rinnegare e amare di nuovo. Un film che si rompe sin dall'inizio, come la gamba di Claude, primo segno di mille altre rotture, lacerazioni, perdite di verginità dell'anima, del corpo e degli occhi.

 

le due inglesiSe in Jules e Jim il dolore corre sottopelle per esplodere nel gesto finale, qui il dolore è dappertutto, segna la punteggiatura del racconto, è la materia stessa con cui si scrive il racconto "Questo foglio è la mia pelle, questo inchiostro è il mio sangue. Io premo forte perché vi penetri". E il dolore, esattamente come l'amore, è un grumo che sale agli occhi, acceca. In fondo, il dramma che attanaglia tutti i personaggi de Le due inglesi è l'incapacità di guardare allo specchio e riconoscere se stessi, ritrovare nell'esplosione incontrollata dei sintomi una familiarità, il ricordo di ciò che eravamo prima della malattia. "Come sono brutta quando mi arrabbio", "Ma che cosa ho oggi, mi sembro un vecchio"… Il tempo, la vita ha imposto le sue trasformazioni. L'unica che sembra sfuggirne è Anne e, infatti, lei è già fuori dalla vita, votata alla morte. Per il resto Le due inglesi è tutto un esilio dal proprio sguardo, un essere alieni (e quanto se ne intendeva Truffaut…). Si è tutti condannati a quest'immagine sfocata, a quella cecità dolorosa di Muriel, la peccatrice solitaria. "La vita è fatta di frammenti che non riescono a congiungersi", dice lei. No, non è vero: è solo che non riusciamo a cogliere l'intero. Viviamo di frammenti, è diverso. Perché non sappiamo dove guardare, se dal punto di vista del continente o dall'altra parte, dalle coste dell'isola. Siamo presi in mezzo, confusi, esattamente come Jean-Pierre Léaud stretto tra le due sorelle. Fatichiamo a trovare un centro, ci ostiniamo a rifiutare quello che sappiamo già. È questo ciò che sconvolge in Truffaut: non la sorpresa, ma il ritrovare ciò che si sa da sempre, ciò che si vive ogni giorno a ogni angolo di strada, nel segreto delle proprie stanze, nei desideri e nei tormenti del cuore. Tutto il suo cinema è un volto che conosciamo bene. Assomiglia al primo amore. Ed è per questo che in ogni altro film, in ogni altro attimo di vita, andremo sempre alla ricerca dei suoi segni.

 

Titolo originale: Les deux Anglaises et le Continent

Regia: François Truffaut

Interpreti: Jean-Pierre Léaud, Kika Markham, Stacey Tendeter, Sylvia Marriot, Marie Mansart, Philippe Léotard

Origine: Francia, 1971 Durata: 122’ (versione ridotta 108’)

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