FESTIVAL DI ROMA 2012 – "Centro historico", di Aki Kaurismäki, Pedro Costa, Victor Erice, Manoel de Oliveira (CInemaxxi)

centro historico

Kaurismäki, Costa, Erice, Manoel de Oliveira: quattro sguardi che disegnano le traiettorie definite, eppur incerte di un centro historico, quello di Guimarães, capitale europea della cultura 2012. Ed è solo la prima tappa di un percorso di ridefinizione e mappatura. Cos'è il centro storico, dove si nasconde? Domanda che sottintende, ovviamente, tutto un discorso politico

 

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centro historicoAki Kaurismäki, Pedro Costa, Victor Erice, Manoel de Oliveira: quattro sguardi che disegnano le traiettorie definite, eppur incerte di un centro historico, quello di Guimarães, capitale europea della cultura 2012. Ed è solo la prima tappa di un percorso di ridefinizione e mappatura: Historias de Guimarães, Guimarães Trasversal, la città percorsa e messa a soqquadro nel tempo e nello spazio. Ribaltata, sventrata forse. Perché il centro è storico solo nella misura in cui mostra i segni delle ferite della Storia. Non più centro di aggregazione né spazio condiviso, ma ultimo punto focale di un'illusione ottica di cittadinanza, di compartecipazione. È il residuo che testimonia l'avvenuta disgregazione della idea di collettività. Il centro historico è esploso in mille pezzi distinti e separati, si è disperso nella forzata solitudine degli individui. Quella solitudine muta (e sempre ubriaca) dei personaggi di Kaurismäki, che segue il suo tasqueiro nella triste monotonia della quotidianità. Ma in queste vite stanche e perdute, si legge ancora una persistenza residuale, l'ancoraggio a un altro tempo e un altro ritmo.

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Cos'è il centro storico, dove si nasconde? Domanda che sottintende, ovviamente, tutto un discorso politico in cui la geografia, la trasformazione del tessuto urbano non può che essere una storia dei rapporti, di forza, di classe, d'affetti. E forse, allora, il centro non corrisponde più a un luogo, ma a una persona, alla sua memoria, alle sue malinconie, si concentra in quegli atti di minuta resistenza e nelle prospettive coincidenti, divergenti di uno sguardo. Per Pedro Costa l'unico centro storico possibile è il sempiterno Ventura. Ma il suo personaggio è già mito, ovvero è disincarnato e trasfigurato nell'infinita modulazione di un racconto orale, un fantasma scomparso proveniente da un diverso immaginario, un altro spazio, la Fontainhas dei capoverdiani e un'altra epoca, il 25 aprile 1974, all'alba della rivoluzione. L'inizio della storia del Portogallo contemporaneo. Che ovviamente rimanda all'altro inizio, l'indipendenza conquistata da Alfonso Henriques nel XII secolo, proprio a partire da qui, da Guimarães, come racconta puntualmente de Oliveira, ancora ostinatamente impegnato a ricostruire e tramandare. Il suo è un altro frammento di un film parlato da aggiungere alla complessità delle trame e alla babele delle cose e dei punti di vista, da riconsegnare alla memoria dei posteri, contenente una nuova promessa di dialogo ancora una volta interrotta dalla prepotenza esplosiva dell'immagine. Il conquistador è conquistato dagli obiettivi dei turisti, imprigionato in una superficie, inquadrato, frammentato, rifatto a pezzi, ridotto a due dimensioni. Eppure, è proprio in questa riduzione il segreto della Storia, il disfacimento del tempo,  il passaggio dalla pienezza degli eventi all'incertezza labile della memoria. Che l'immagine sia allora il centro storico? Victor Erice, in quello che è l'episodio emotivamente più forte del film, attraversa una foto, ne scruta i volti, o meglio i riflessi. Quella foto è il punto di destinazione e di ripartenza di ogni altro racconto possibile, immagine sospesa tra un prima e un dopo, istantanea mai presente, immancabilmente passata (quella vita, quegli operai, quelle condizioni di lavoro "non esistono più", si ostinano a spiegare gli operai di una volta), eppur tutto è rivolto a noi, guarda al futuro. È davanti a quella foto che gli operai della fabbrica tessile chiusa ripercorrono le loro vite. La Storia, come i vetri della fabbrica o il vetro dell'obiettivo, s'infrange in mille rivoli. Che ognuno di quei rivoli spiani la strada a un domani…

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