FESTIVAL DI ROMA 2012 – "Pezzi", di Luca Ferrari (Prospettive Italia)

Pezzi di Luca Ferrari
Il documentario di Luca Ferrari racconta brandelli di vita e confessioni di alcuni abitanti del quartiere romano Laurentino 38, figure che si trascinano in un'esistenza costellata di illegalità, tossicodipendenze, lutti, sofferenze, scelte di vita pagate a caro prezzo che il regista filma con una telecamera mobile, a tratti nascosta. Un'opera sporca, claustrofobica, che a momenti sembra travalicare  l'intenzionalità realistica per approdare, nei soggetti intervistati, a eccessi performativi destabilizzanti

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Pezzi di Luca FerrariSi apre con uno sguardo dall'alto che racconta già un microcosmo fuori dal mondo: un'isola di alti palazzi in cemento che sembra scollegata dal resto della città. Pezzi racconta appunto brandelli di vita e confessioni di alcuni abitanti del quartiere romano Laurentino 38 che il regista filma con una telecamera mobile, a tratti nascosta, ma molto spesso vicina e confidenziale. Abbiamo Massimo, ex carcerato gestore di una bisca in cui molti clienti vengono a farsi e padre di un figlio in prigione a Rebibbia, la compagna Bianca vedova dalla fine degli anni '80 di un marito vittima di un agguato a colpi di pistola, Giuliana che ha perduto il figlio e da allora trascina le sue giornate nel ricordo amorevole e disperato di madre sola. E ancora Stefano, Rosi e altre figure che vivono un'esistenza costellata di illegalità, tossicodipendenze, lutti, sofferenze, scelte di vita pagate a caro prezzo.
Ferrari, qui alla sua prima prova da documentarista dopo un percorso artistico compiuto in veste di fotografo (e il film nasce infatti proprio da un precedente reportage fotografico da lui realizzato nel 2009) ha l'audacia di entrare dentro Laurentino 38 – quartiere estremamente liminale e offlimits della periferia romana – cercando soprattutto di dare spazio ai soggetti intervistati. Una fauna umana disperata e autodistruttiva costella questo suo documentario sporco, claustrofobico, (forse fin troppo) intelligentemente "clandestino". Le immagini di Pezzi ripudiano qualsiasi forma di estetismo appagante per stare dentro il dolore e il vissuto delle esistenze rappresentate. Il film di Ferrari ha certamente ambizione e coraggio da vendere, dimostrando una sensibilità comunicativa e relazionale nei confronti di questi difficili e tragici protagonisti decisamente sorprendente, in larga parte relegata a un fuori campo che possiamo solo intuire ma che ci appare affascinante tanto quanto il materiale impresso in immagini. Uno degli elementi più interessanti e ambigui di un'operazione come questa risiede proprio nel legame tra intervistatore e intervistato, che in più di un'occasione sembra persino travalicare l'intenzionalità realistica per approdare a eccessi performativi destabilizzanti: se lo sfogo finale di Massimo nei confronti di Bianca disturba per violenza e gratuità, la toccante vicenda di Giuliana è in egual misura densa di un dolore struggente, sconfinatamente umano proprio perchè espresso con sincerità estrema, quasi teatrale. 

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