FESTIVAL DI ROMA 2014 – Incontro con Joe Dante e Lamberto Bava


Dopo aver presentato al pubblico Operazione Paura di Mario Bava, proiettato ieri sera al Festival nella sezione Danze Macabre, Joe Dante ha continuato a parlare di cinema gotico italiano stamani in compagnia di Lamberto Bava, Steve Della Casa e Emiliano Morreale

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Dopo aver presentato al pubblico Operazione Paura di Mario Bava, proiettato ieri sera al Festival nella sezione Danze Macabre, Joe Dante ha continuato a parlare di cinema gotico italiano stamani in compagnia di Lamberto Bava, Steve Della Casa e Emiliano Morreale.

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L’horror italiano non aveva una base letteraria nazionale ma fagocitava elementi e suggestioni internazionali del passato (Frankenstein, Edgar Allan Poe), eppure registi come Bava, Freda e Margheriti hanno fondato uno stile prettamente italiano al genere. Quando Joe Dante vedeva questi film ne riconosceva l’italianità?

Dante: C’è stato un periodo in cui negli Stati Uniti si vedevano solo horror inglesi prodotti dalla Hammer, che si rifacevano a determinati riferimenti letterari (Lovecraft, Edgar Allan Poe). Il successo de La maschera del demonio ha cambiato tutto e aperto una connessione tra Bava e gli studios americani (piacque ad Arkoff e Nicholson della leggendaria AIP) che hanno infatti finanziato La ragazza che sapeva troppo, che è stato realizzato in due versioni. Quella americana, chiamata The Evil Eye, era molto divertente, sebbene introvabile oggi: c’era un quadro di Mario Bava in scena che cambiava espressioni a seconda del mood della sequenza.

Lamberto Bava, i film di tuo padre venivano apprezzati più all’estero che in Italia, seppure intellettuali del nostro cinema come Fellini e Pasolini li usavano come ispirazione, si veda per esempio Toby Dammit o Satyricon

L. Bava: Quello era un periodo in cui il cinema era la forma di spettacolo più apprezzata, c’era moltissimo pubblico, ciò significava dunque sviluppo industriale. Si guardava all’estero come possibilità di vendita/esportazione e con l’horror si potevano realizzare film dai costi contenuti ma facilmente esportabili. Mio padre era un grande lettore, cercava ispirazione nella letteratura europea (Maupassant, Gogol) ma anche nei fumetti e aveva velleità artistiche, da giovane faceva il pittore. Con Fellini erano amici, si conoscevano da prima della guerra, entrambi disegnavano fumetti, Laura Betti era una grandissima fan di Operazione Paura, infatti poi mio padre e lei lavorarono insieme, e ricordo le incursioni curiose di Vittorio De Sica nello studio di Cinecittà dove si girava Terrore nello Spazio. Con una zampa di astronave e quattro rocce come scenografia, più una macchina del fumo, mio padre era in grado di creare un mondo, era un grande tecnico. Il suo cinema era un’operazione personale ma anche industriale. Il fatto che, soprattutto all’estero (Stati Uniti e Francia) fosse riconosciuto il suo valore aggiunto era sorprendente.

 

Barbara Steele, l’attrice più conosciuta dell’horror italiano, ha recitato poi anche in Piranha di Joe Dante…

Dante: Barbara Steele in Piranha interpreta il ruolo di una scienziata, che in realtà era stato scritto per un uomo. Io non sapevo se sarebbe stato il mio ultimo film ( lo penso sempre!) e volevo tenerla in scena il più possibile. Nelle pause faceva lunghe passeggiate con il figlio sulla spiaggia, alcune delle quali immortalate casualmente in lontananza nel film, compare molto di più di quanto volessi all'inizio. So che sta ancora lavorando (il suo ultimo The Butterfly Room è stato girato praticamente sotto casa mia) e ne sono felice, è bravissima.

Qual è l'eredità di Mario Bava nel panorama odierno dell'horror?

Dante: Senza Mario Bava non ci sarebbe oggi Dario Argento. Per me è stato fondamentale, vedevo i suoi film in tv e al cinema. L’horror è considerato il genere dove non puoi sbagliare, basta dare al pubblico ciò che chiede: una testa mozzata, sangue. Questo tipo di mentalità produttiva ruota intorno ai soldi, eppure ci sono stati autori come Mario Bava che hanno trovato una strada personale e creativa. Per questo è fondamentale recuperare e restaurare i suoi film e trovare posti dove proiettarli. Bisogna cercare il materiale migliore che è sopravvissuto e preservarlo. Molti di questi registi sono stati una fonte di ispirazione per le generazioni successive. Tuttavia l’industria in cui si muoveva Bava è diversa da quella di oggi, dove nessuno ti dà più uno studio e una segretaria per organizzare il film, ma ognuno è costretto a diventare un produttore indipendente. Mi chiedono perché faccio passare tanto tempo tra un film e l’altro, alcuni credono che finisca spesso in clinica di riabilitazione. In realtà ci vuole molto più tempo a cercare i soldi per il film che a realizzarlo.


Quale è la sequenza dei film di Mario Bava che avete amato di più e perché?


L. Bava:
ne I tre volti della paura, l’episodio della goccia d’acqua.

Dante: sono d’accordo, il cadavere è un modello fatto di cera ed è la rappresentazione definitiva del cinema di Bava. Un’altra scena che adoro, in Operazione Paura, quando alla fine del film capiamo che quel qualcuno a cui il protagonista sta dando la caccia è in realtà se stesso allo specchio.

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