FILM IN TV – Divorzio all’italiana, di Pietro Germi

Divorzio all'italiana, Pietro Germi

Leonardo Sciascia avrebbe detto che nei film di Germi la Sicilia si fa teatro, di una commedia della società. Divorzio all’italiana è film sarcastico e acre, pietra fondante dei caratteri di un cinema che attraverso le controverse strutture della commedia segna la distanza sociale e culturale di un’Italia ancora in divenire. Giovedì 13 marzo, ore 21, Sky Classics

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Divorzio all'italiana, Pietro GermiUna volta tanto partiremo dal finale. Tutti ricorderanno la sequenza conclusiva di Divorzio all’italiana nella quale la giovanissima Sandrelli – non ancora icona consolidata di un cinema geneticamente trasgressivo – ormai in stabile compagnia del barone Cefalù, Marcello Mastroianni, sulla barca, si fa accarezzare il piede dal marinaio dell’imbarcazione.

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Un finale che irritò Visconti alla prima proiezione privata del film e che, di fatto, riapre il tema del tradimento, del desiderio erotico, nell’iterazione continua di cui si alimenta la commedia, la satira e quindi il cinema che trasforma i fatti e i vizi di costume in racconto. Una conclusione che ricorda quella altrettanto luminosa di C’era una volta in America con il sorriso di De Niro che sembra riavvolgere il nastro del film.

 

Divorzio all’italiana del 1961, costituisce l’esordio di Germi nella grande arena della commedia e per molti storici del cinemaDivorzio all'italiana, 1961 ha costituito il film capostipite di quella che sarà definita la commedia all’italiana. Film sarcastico e acre che ha delineato i caratteri e le fondamenta di un cinema di che avrebbe trovato nel meridione d’Italia e nella Sicilia – quale regione summa di questa condizione – le migliori ambientazioni per misurare la distanza tra una fatale e innata, quanto proverbiale arretratezza del sud e un progresso dei costumi che apparteneva (e appartiene) ad un nord, altrettanto proverbialmente, evoluto. Germi quindi lavora e indaga su queste strutture di relazione (amorosa) con intenti sicuramente castigatori, sono precisi i picchetti che dissemina per confinare un terreno altrimenti vastissimo.

Il suo intento principale è quello del sarcasmo, il deliberato sarcasmo forse mutuato da Gadda, dell’ironia che dissezioni i tabù (Il prete che in chiesa invita i fedeli a votare per un partito che sia democratico e cristiano, il delitto d’onore, l’ipocrisia dominanente dell’immaginario Agromonte) a vantaggio di una comicità (in)volontaria che agisca, quasi omeopaticamente, sulla coscienza dello spettatore. Ma sotto altro profilo, vi è una istintiva ed evidente attrazione di Germi per una cultura fortemente popolare, come quella meridionale che conservava, nelle città, così come nei centri minori, antiche tradizioni, una cupidigia dello sguardo, una forte tensione sessuale che si esprimeva in altrettanti inibizioni ipocritamente mascherate e spesso sbandierate come principi e valori imprescindibili, volti a cementare l’unità familiare. Ma nonostante questo Germi ama quella Sicilia così estranea al suo mondo, ama il suo linguaggio e si sente attratto perfino dalle sue convenzioni familiari in materia di rapporti prematrimoniali. Il suo approccio è, infatti, deciso, inflessibile, graffiante contro regole e tradizioni che rifiuta, ma al contempo, il suo sguardo corrosivo disperde un che di affettuoso come quello del barone Cefalù su un paesaggio arido, inospitale, ma che non può non essere amato. La Sicilia diventa, con il cinema di Germi, palcoscenico vivo e pulsante di un mondo arcaico che conserva miti femminili nel rifiuto ostinato di quealsiasi modernità. Un gattopardismo che si perpetua, un isolamento che non è soltanto geografico, ma soprattutto sociale, culturale e quindi politico. Sciascia avrebbe sintetizzato il valore del lavoro del regista affermando che in quei film la Sicilia si fa teatro, di una commedia della società.

Divorzio all'italiana, Stefania SandrelliCiò è tanto vero che, evidentemente, non avendo considerato terminato il lavoro, qualche anno dopo, il regista avrebbe ambientato il suo film successivo e decisamente contiguo, all’interno degli stessi ambienti, spostando su un asse più femminile la sua indagine di costume. Così raccontando quella Sicilia, ma in fondo attraverso l’iperbole, l’Italia intera Pietro Germi avrebbe raccontato i drammi che pirandellianamente si nascondevano dietro quei comportamenti, i desideri inappagati di una vita, l’ipocrisia che rovina una vita intera. Divorzio all’italiana, che vinse l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale e che negli USA è stato inserito nella lista tra i migliori film starnieri, fa di Pietro Germi un acutissimo recettore di una realtà in divenire, un sensibile misantropo che sapeva cogliere i tempi, anzi ne anticipava gli effetti. Se il divorzio sarebbe arrivato in Italia oltre dieci anni dopo e se il delitto d’onore sarebbe stato abolito solo vent’anni dopo (vale la pena ricordare la legge che ne abolì ogni effetto la n. 442 del 5 agosto 1981), si comprende l’efficacia di un film così anteriore rispetto alla storia. Solo Monicelli ne avrebbe raccolto l’eredità e continuiamo a chiederci quali differenze ci sarebbero state se il primo Amici miei, come da progetto, fosse stato girato dal solitario geniale regista genovese.

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