FILM IN TV: "Il mondo perduto" di Steven Spielberg

"Il mondo perduto" è un film che va cercato essenzialmente nel suo essere proteso sull'orlo della morte, con lo sguardo completamente affacciato verso una fine che domina la visione. Sabato 20 maggio ore 21 Italia 1

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Talvolta il cinema si presenta come una meravigliosa metafora di se stesso, come un corpo parlante che spinge ad una visione più profonda e ad un altrove nascosto e impalpabile. Talvolta, però, un solo film può farsi metafora illuminante di un'intera idea di cinema, superficie lucida su cui si riflette, trasfigurato, il significato di un'opera. Così è per Il mondo perduto, nel suo proporsi come rilettura in negativo di Jurassic Park, come specchio di intenti e sentimenti, prima confinati nelle pieghe opache di una struttura splendidamente spettacolare, ma ora ripresi finalmente in primo piano. Quella che qui si compie è, infatti, un'operazione di ribaltamento – della materia e della forma – per un film che prende significativamente corpo nell'ombra, come Jurassic Park era fin dall'inizio travolto dalla luce. Spielberg sospinge ai margini l'intreccio, lo esaurisce nella breve battuta di Jeff Goldblum che rifiuta la proposta di un'altra impresa tra i dinosauri: sa bene che la vicenda che lo attende si consumerà secondo uno schema identico dove lo stupore dell'inizio sarà travolto dal terrore e dalla fuga. Il parco dei divertimenti, che emozionava gli occhi dei due bambini di Jurassic Park, si trasforma in un incubo definitivo senza lasciare più alcuno spazio allo stupore e alla magia, oscurati dall'ombra spessa della paura che la morte ha creato.

Perché Il mondo perduto è un film che va cercato essenzialmente nel suo essere proteso sull'orlo della morte, con lo sguardo completamente affacciato verso una fine che domina la visione. Il segno della morte diventa tanto più scuro quanto più affonda le radici nella memoria, facendosi senso e direzione di un percorso attraverso i luoghi del cinema, fin dentro spazi che da teatro di azione si trasformano in corpi pronti a raccontarsi. Nella complessa dinamica degli spazi l'intero film si muove dentro set pre-esistenti nel cinema di Spielberg, rifilmati proprio in virtù di quel valore aggiunto che è la memoria. E' questa che dirige i movimenti geometrici della macchina da presa contribuendo a rivelare porzioni di spazio su cui la morte ha già disteso le sue mani. In questo senso va letta la lunga sequenza ambientata nel cuore del parco progettato da Hammond, e copia quasi perfetta del laboratorio di Jurassic Park. Set usato, abbandonato e poi riutilizzato per mettere in primo piano la storia di distruzione di cui l'intero luogo è inevitabilmente informato. Diventano spazi pregni di memoria gli interni della centrale operativa – anche se trasfigurata nella sua debole resistenza al tempo – ma soprattutto lo sono gli interni angusti dell'automobile dove i protagonisti tentano di mettersi in salvo dai Velociraptor, mentre attraverso i vetri lo sguardo si posa su un territorio già abitato da un senso diffuso di desolazione. Luoghi fantasma sui quali premono le stratificazioni del tempo passato e le ombre scure della memoria.

La morte nel fuori campo. Riflessa contro gli occhi dello spettatore diegetico. Sottoposta indirettamente alla visione. Si tratta però, di una visione non finita perché veicolata da immagini esse stesse incompiute che rimandano a ramificazioni mentali di un cinema già visto. In questo senso il sangue che scorre e macchia le acque del torrente, o che cade dall'alto mescolato alla pioggia, appare segno tangibile di morte tanto più definitiva e terribile in quanto traccia riconoscibile di un'idea di cinema che Spielberg ha coniugato di film in film. Nell'evidenza sconcertante di Lo squalo e Schindler's list o nei vuoti urlanti e nei silenzi di Duel e L'impero del sole.

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Il mondo perduto
Regia: Steven Spielberg
Origine: USA 1997
Durata 135'
Sabato 20 maggio ore 21 Italia 1

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