FILM IN TV – La Divina Commedia, di Manoel De Oliveira

 

Sembra un’enorme parentesi posta tra la scena iniziale e finale, due momenti dove lo sguardo sembra purificarsi da ogni sovrastruttura per accogliere la leggera bellezza di immagini composte non di parole ma di gesti colmi di aspettative, ancora in grado di poter pensare un mondo altro. Domenica 13 aprile, ore 4.50. Rai 3

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Vedere le cose come fosse il primo giorno del mondo, toccarle con gli occhi per alcuni secondi prima che la sete di conoscenza costringa a dare un nomea ciò che si tiene tra le mani. Inizia così, con una messa in scena del primo giorno del mondo, questo film di Manoel De Oliveira, che appare compatto e dalle superfici lisce.

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Inizia con Adamo ed Eva, vestiti solo con un sorriso, fino al morso della mela e l’immediato arrivo di un temporale, che incolla i corpi nudi presto soccorsi da un camice bianco che porta il riparo di un ombrello. Ora i due sono consapevoli non tanto della loro nudità quanto di essere oggetto di sguardo. Dalla finestra, gli altri abitanti della Casa dei malati mentali, da Gesù a Raskolnikov, passando per Nietzsche, osservano l’altrui follia, inconsapevoli della propria. E si gioca così il film di De Oliveira, che dopo un inizio di rara bellezza si adagia per tutta la considerevole durata del film sulle diverse argomentazioni di ogni personaggio, ognuno portatore di una propria visione della realtà, in un gioco di sguardi folli che si indagano a vicenda senza riuscire a scalfirsi. È una riproposizione di rituali infiniti, dall’ultima cena di Cristo alla resurrezione di Lazzaro, che viaggia opportunamente con una bara in spalla, lasciandoci chiedere per quante volte Raskolnikov abbia ucciso le sorelle Ivanovna, quante volte Gesù abbia spezzato il pane, quante volte i fratelli Karamazov abbiano discusso la natura di Dio, in questa casa dove non vi sono cure ma solo atti ripetuti, personaggi interpretati, dibattiti protratti all’infinito. La macchina da presa non viene mai mossa, ma è consapevole del punto migliore da cui osservare il dispiegarsi di questa follia, che altro non è che il peso trascinato della cultura occidentale che si rivolta su di sé spasmodico e irrequieto. La fissità che regala geometrie compositive tutt’altro che irrazionali contiene però a malapena questo proliferare di parola che suona morta come le personalità che invadono i corpi dei pazienti. La pesantezza monolitica creata da De Oliveira si libera nei momenti in cui la parola cede al pianoforte di Maria João Pires, anche lei fra i pazienti della clinica, che accompagna con virtuosismo gli occhi degli attori che per pochi secondi si abbandonano ad uno sguardo oltre l’inquadratura, come presi da vera follia. E in una quasi perfetta simmetria, il film si chiude sulle note della Pires, osservata dal resto dei pazienti che fissano da dietro i vetri come nella scena iniziale, finché esausta non posa il capo sul piano, e attende il fatidico ciak del regista, ultima immagine a chiudere il film.

 

La Divina Commedia di De Oliveira sembra allora un’enorme parentesi posta tra l’inizio e la fine, due momenti dove lo sguardo sembra davvero purificarsi da ogni sovrastruttura per accogliere la leggera bellezza di immagini composte non di parole ma di gesti colmi di aspettative, ancora in grado di poter pensare un mondo altro.

 

Titolo Originale: A Divina Comédia
Regia: Manoel De Oliveira
Interpreti: Luís Miguel Cintra, Maria de Medeiros, Miguel Guilherme, Mário Viegas, Leonor Silveira
Durata: 140'
Origine: Portogallo, Francia, Svizzera, 1991

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