FILM IN TV – La scala a chiocciola, di Robert Siodmak

Tratto dal romanzo della scrittrice britannica Ethel Lina White, La scala a chiocciola rappresenta molto probabilmente assieme a I gangsters (tratto invece da uno dei 49 racconti di Hemingway) il più alto risultato artistico del regista, dove la forte componente psicologica si amalgama alla perfezione con suggestioni letterarie e richiami all'espressionismo. Martedì 21 Ottobre, ore 9.15, Raimovie.

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Tratto dal romanzo della scrittrice britannica Ethel Lina White, La scala a chiocciola rappresenta molto probabilmente assieme a I gangsters (tratto invece da uno dei 49 racconti di Hemingway) il più alto risultato artistico del regista.

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Ai primi del Novecento, una tranquilla cittadina del New England è funestata da una serie di delitti compiuti nei confronti di giovani donne affette da menomazioni fisiche. A casa del professor Warren, la governante muta Helen comincia a temere per la propria vita…


Il serial killer tratteggiato in maniera magistrale da Siodmak è una figura a metà strada fra un personaggio nato dalla penna di Poe e un criminale nazista, e non è un caso che proprio Siodmak, tedesco e antifascista, alla fine della guerra abbia scelto un soggetto del genere; negli anni in cui il mondo (e la Germania in primis) stava venendo fuori dall’incubo della delirante ossessione per la perfezione biologica della razza, l’omicida sceglie di eliminare dalla società i soggetti più deboli: una ragazza zoppa, una cieca…Potrebbe essere la muta governante Helen la prossima vittima?

La lezione dell’espressionismo tedesco è ben evidente soprattutto nelle sequenze più oniriche e surreali come il sogno ad occhi aperti di Helen che immagina il suo matrimonio con il dottor Parry (in cui la felicità e l’emozione si tramutano presto in angoscia generata dall’impossibilità di pronunciare il fatidico “sì”), nei contrasti chiaroscurali e nelle illusioni ottiche (l’allucinazione dell’assassino che vede Helen priva di bocca o il primissimo piano del suo occhio che riflette la figura della vittima).
Il regista rielabora suggestioni letterarie e psicanalitiche, evidenti nell’ossessione dell’assassino per la forza, un atteggiamento dovuto alla consapevolezza di aver deluso il padre non essendone considerato all’altezza. Nel dialogo fra il medico e la matrigna viene esplicitato con un riferimento piuttosto comune nel cinema (“I suoi figli sono entrambi deboli, nessuno dei due ha mai amato la caccia e le armi”…Quasi tre lustri dopo, in A casa dopo l’uragano, Minnelli nel presentare la figura di un dispotico patriarca –Mitchum– utilizzerà proprio un numero spropositato di armi e trofei di caccia come metafora della sua virilità).

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Da sottolineare il fondamentale apporto della fotografia di Nicholas Musuraca, capace di esaltare al massimo la tenebrosa scenografia atta a ricreare l’ambiente tipico di una magione signorile di inizio ‘900. E la casa è forse l’autentica protagonista de La scala a chiocciola, con i suoi tre piani ben distinti (cantina, piano-terra e primo piano); volendo azzardare un parallelo non peregrino -utilizzando come base le teorie freudiane- fra la struttura della nostra psiche e quella della casa si potrebbe osservare che la cantina corrisponde all’Es che costituisce l’inconscio, il rimosso, un piano privo di logica e razionalità dove le pulsioni più basse prendono forma. Non è un caso che proprio qui venga uccisa Blanche.
Il piano terra rappresenta invece l’Io, governato dal principio di realtà, ed è lo strato più superficiale dell’apparato psichico; si presenta come mediazione fra le pulsioni proprie dell’Es ed il mondo esterno; il piano alto (dove Helen verrà salvata) è il SuperIo, la coscienza morale che, tramite il personaggio di Mrs. Warren, assume il ruolo di censore morale che giudica (e punisce) gli atti e gli istinti del malvagio.
Alla scala spetta la funzione di collegare i tre piani della casa e, quindi, i tre piani di coscienza.

 

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