FILM IN TV – Storia di un peccato, di Walerian Borowczyk

Aldilà della canonizzazione istantanea, resta un film che del genio di Boro ha ben poco, appesantito dalle pagine dense e melodrammatiche del romanzo di Zeromski. Mercoledì 15 luglio, ore 3.00, Cielo

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Ignorato per anni, bollato come mero pornografo o neanche, il mondo sembra accorgersi di Walerian Borowczyk solo nel 1975, anno di produzione de La storia del peccato, primo e praticamente unico film ad essere acclamato. Peccato che contemporaneamente egli firmi anche il maledetto La Bestia, che oltre a valanghe di censure segnerà anche l’inizio del suo declino (economico, beninteso).

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Che La storia del peccato, il solo ad essere girato nella cattolica e odiata Polonia, sia l’unico film a non imbarazzare le platee e ad essere posto sul piedistallo del cinema d’autore, titolo che a Boro fu raramente concesso, salvo poche eccezioni lungimiranti (i Cahiers, Filmcritica e pochi altri) sembra forse una questione puramente epidermica. Come a dire, meno centimetri di pelle si mostrano e più è probabile essere presi sul serio? Che il film sia insolitamente castigato per gli standard del regista, visti gli eccessi del suo contemporaneo, preceduto dai Racconti Immorali (ma a pensarci bene anche da Blanche, dove anche lì la carne era sacrificata all’eleganza anemica) è evidente. Al punto che qualche volenteroso distributore pensa bene di girare appositamente un inserto hard a base di petali di rose per risollevare un po’ il tono ingannando parecchi spettatori, compreso Moravia che su quei pochi minuti contraffatti sprecò fin troppe parole. Aldilà dell’ipocrita canonizzazione istantanea, poi subito ritirata, rimane un film che del genio di Boro ha ben poco, appesantito dalle pagine dense e melodrammatiche del romanzo di Zeromski da cui è tratto. Nulla manca alla formula, dall’amore febbrile e non consumato all’infanticidio, dalla prostituzione alla morte, tutto è presente come da prassi. Peccato che però nulla riesca a prendere davvero vita, una mancanza enorme da un

Storia di un peccato, di Walerian Borowczykregista che ha inciso il suo ingresso nel cinema animando oggetti ormai morti e informi. Ma come il più classico dei collezionisti ossessivi, questa vecchia mania ritorna costante, e a diventare i protagonisti sono libri, cartoline, lettere, lenti d’ingrandimento, soprammobili, quadri e tutto quell’arredamento soffocante che rende ogni stanza una piccola bara, a ricordare che il sesso ha sempre odore di morte. Durante l’amplesso tra i corpi dei due amanti si accumulano libri e pagine, stampe erotiche e reperti antropologici (la vergogna è solo un’invenzione, come i vestiti!), le figure umane si sdoppiano e sommergono l’inquadratura, scavalcano gli attori, anche loro hanno occhi e conducono la visione.

Ma rimane questo e poco altro di due ore di film che stentano a dire di più rispetto ad altri lavori del regista ben più riusciti. Rimane giusto Grazyna Dlugolecka, la Ewa protagonista del film, i suoi occhi sgranati che guardano più in là del dovuto, le lettere incollate al petto, il suo corpo seminascosto da lenzuola che sembrano schiuma marina, lo stesso corpo che si fa freddo nell’ultima inquadratura, la testa inerme stretta tra le mani dell’amato.

Titolo Originale: Dzieje grzechu
Interpreti: Grazyna Dlugolecka, Olgierd Lukaszewicz, Jerzy Zelnik
Regia: Walerian Borowczyk
Origine: Polonia, 1975
Durata: 130’

 

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